Il “nuovo” gasdotto, che avrebbe dovuto essere pronto addirittura nel 2018, va in tutt’altra direzione (tanto che era stato accantonato perché ritenuto un progetto obsoleto): dovrebbe collegare per portare 8 miliardi di m3 all’anno e sarà composto da una sezione Internazionale, dalle coste dell’Algeria a Porto Botte, nel sud della Sardegna. Il gasdotto sottomarino più profondo mai realizzato (raggiungerà fino a 2885 metri di profondità), e da una sezione Nazionale, suddivisa in un tratto terrestre in territorio sardo, da Porto Botte a Olbia, e un tratto sottomarino, da Olbia a Piombino, in Toscana.
Nonostante il greenwashing istituzionale fatto da Eni e dal premier Giorgia Meloni ad Algeri, il Galsi contribuirà – come da progetto originario -. alla creazione di quell’hub italiano del gas – al quale la Meloni sembra tenere così tanto – creando al contempo una nuova rotta (più breve e competitiva) per l’importazione di gas algerino in Italia e di lì verso i mercati europei oltralpe.
Che poi tutto questo finisca in un terminale a Piombino sembra quasi una beffa per il sindaco di Piombino di Forza Italia che ha capeggiato la rivolta contro il rigassificatore e che in campagna elettorale aveva promesso che con la vittoria di Giorgia Meloni il pericolo del gas si sarebbe allontanato dalle coste piombinesi dove invece voleva pervicacemente portarcelo il governatore della Toscana del Pd.
Il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani evidenzia che «Evocare il metanodotto del Galsi progettato nel 2002/2005, allo stato attuale, è improponibile e vorrebbe dire far arretrare l’ambiente e l’economia della Sardegna di trent’anni. La nostra associazione conosce bene il progetto Galsi perché in quegli anni se ne era occupata con attenzione formulando numerose osservazioni nella procedura di VIA e dando anche una valutazione in generale positiva. Da allora sono passati 20 anni ed il mondo dell’energia ha preso un’altra direzione di chiusura netta nei confronti delle fonti fossili in conformità alle indicazioni dell’IPCC e della Ue. Per questo e per uscire dalla dipendenza dall’estero è fondamentale accelerare la diffusione delle rinnovabili, delle comunità energetiche, delle reti e degli accumuli, e realizzare tanti grandi impianti a fonti rinnovabili, da quelli eolici a mare a quelli a terra, passando per l’agrivoltaico, velocizzando gli iter autorizzativi. Evitiamo inutili passi indietro che di certo non fanno bene al Paese».
Annalisa Colombu, presidente di Legambiente Sardegna, aggiunge: «Siamo convinti che lo sviluppo ambientale ed energetico incentrato sulle rinnovabili sia la base per promuovere anche quello economico e sociale. Tema su cui stiamo lavorando molto a livello territoriale e il nostro auspicio è che la Sardegna elabori con urgenza proposte forti e convincenti, definendo una programmazione ambiziosa e orientata alla transizione energetica incentrata sulle fonti pulite. L’affermazione delle rinnovabili e la rivoluzione digitale rappresentano i due motori di sviluppo e i punti cardine della lotta ai cambiamenti climatici, secondo le linee prioritarie indicate dalla Ue. La sfida che si apre per gli scenari regionali è di fare in modo che la transizione energetica sia sostenibile anche dal punto di vista sociale diventando un’occasione di inclusione e di sviluppo economico del territorio».
Vincenzo Tiana, responsabile energia di Legambiente Sardegna, conclude: «La Sardegna affronti con un ruolo attivo la sfida della innovazione per riconvertire il comparto produttivo e creare anche nuova occupazione. Riteniamo pertanto che la prospettiva obbligata per la Sardegna sia l’applicazione ancora più rigorosa del PNIEC Piano Nazionale Integrato Energia Clima. Come associazione, a livello territoriale, continueremo il nostro impegno per mettere al centro del nuovo sistema produttivo la valorizzazione delle risorse primarie dell’isola: sole, vento e paesaggio, anche per ridurre la dipendenza dei sistemi locali e non esporsi a ricatti geopolitici!».
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