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Alto Mugello, dopo l’alluvione restano oltre 400 frane da affrontare

L’alluvione che il maggio scorso ha colpito l’Alto Mugello, oltre che l’Emilia-Romagna, ha lasciato profonde ferite sul territorio toscano, con oltre 400 frane e ingentissimi danni da ristorare.

Una fase iniziata oggi, con l’arrivo del generale Francesco Paolo Figliuolo, nominato dal Governo commissario per la ricostruzione in Emilia Romagna, Toscana e Marche, ha  segnato una prima presa in carico della situazione nei comuni della Romagna toscana.

«Finita la fase della primissima emergenza in cui sono intervenuti i sindaci con ordinanze di somma urgenza – ricorda Giani –, oggi inizia la fase della ricostruzione; il generale Figliuolo è il punto di riferimento per  le tre  regioni colpite con cui i presidenti di Regione collaboreranno in veste di sub commissari. Ci siamo confrontati aggiornando anche il numero di frane, oltre 400 complessive, che hanno danneggiato la viabilità, sia delle strade comunali, che vicinali e  provinciali». Solo per queste ultime, si parla di danni per decine di milioni di euro.

Figliuolo e Giani hanno sorvolato in elicottero Firenzuola, Marradi, e Palazzuolo sul Senio, per avere una panoramica diretta dei danni sul territorio, e poi si sono confrontati ad un ampio tavolo istituzionale, convocato a Firenze in palazzo Strozzi Sacrati.

«Ho visto sorvolando il territorio l’ampiezza delle frane, ma ho anche visto il grande lavoro  che hanno fatto i sindaci con gli interventi di somma urgenza che sono ancora in atto – aggiunge Figliuolo – Una parte del ristoro avviene con le ordinanze di Protezione Civile, l’altra parte invece spetta alla Struttura Commissariale. In questo momento è in atto proprio il passaggio di consegne. Il mio primo pensiero è far sì che molti sindaci che hanno dato una prima sicurezza al territorio possano avere ristoro delle risorse che hanno impiegato perché sono piccoli comuni che non hanno fondi così cospicui. Poi, come  dicevamo col presidente dobbiamo pensare alla messa in sicurezza perché non possiamo permettere lo spopolamento della montagna,  messa in sicurezza che significa innanzitutto viabilità, indispensabile per il mantenimento delle attività produttive. Infine in un piano di prospettiva dobbiamo tenere conto di quello che ci sta dicendo la natura con i cambiamenti climatici».

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Written by redazione

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