Ad oggi in tutta Italia c’è un solo impianto eolico offshore in funzione, composto da 10 pale di fronte al porto di Taranto. Ci sono voluti 14 anni per autorizzarlo, nonostante la potenza modesta: 30 MW.
Eppure le domande di autorizzazione relative ad impianti di eolico offshore presentate in Italia sono pari a 110 GW. Al contempo le richieste di connessione alla rete Terna, al 30 settembre 2023, ammontano a 89,81 GW.
«A fine anno toccheremo la quota di pareri per 2,2 GW per quattro impianti complessivi. Il 2023 è stato per l’eolico offshore simile all’anno zero – commenta Massimiliano Atelli, presidente della Commissione Valutazione impatto ambientale Via e Vas del Governo – L’eolico offshore pone un tema di dimensionamento degli impianti, che si riflette nella complessità e nei volumi finanziari, vale a dire nella bancabilità dei progetti».
Sotto questo profilo anche Stefano Saglia, componente del collegio dell’Arera, ha sottolineato che «andiamo verso un mondo, che avrà di fronte un nuovo sistema di organizzazione e architettura che potrebbe favorire la pianificazione di impianti offshore in maniera importante, ma abbiamo la necessità di cogliere il punto di caduta efficace degli investimenti, e trovare punti di incontro con l’analisi dei costi e benefici efficace per la realizzazione dei progetti».
Sotto il profilo normativo restano comunque molte le lacune che non permettono ancora il pieno sviluppo del comparto eolico offshore, nonostante in Italia sia stimato un potenziale di oltre 207 GW e 1,3 milioni di posti di lavoro.
Mancano ad esempio all’appello il decreto Fer 2 per gli incentivi alle fonti rinnovabili cosiddette “innovative” (in attesa da 1.592 giorni) al Piano di gestione dello spazio marittimo, la cui assenza pesa direttamente sulle tasche italiane in quanto sta comportando il pagamento di multe europee.
«Voglio ricordare il decreto Energia, in discussione da qualche giorno alla Camera – osserva comunque il ministro Pichetto – ha messo in moto interventi per 27,4 miliardi di euro e contiene una misura dedicata proprio all’eolico off-shore. Per raggiungere gli obiettivi preposti entro il 2030, sarà fondamentale la cooperazione tra il Governo e le imprese coinvolte, così come lo sarà la comunicazione e l’ascolto delle regioni e delle amministrazioni locali, che, in quanto prima linea nella difesa dell’ambiente e dell’economia dei territori, possono aiutarci a trovare soluzioni sostenibili. Siamo sulla giusta strada, anche se molto resta ancora da fare, ma insieme sono certo che riusciremo a raggiungere importanti obiettivi».
In questo contesto Simone Togni, presidente Anev, guarda al bicchiere mezzo pieno: «Siamo soddisfatti dell’adesione dell’Italia alla European wind charter, annunciata oggi al summit dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. Anev si è battuta molto in questo ultimo periodo affinché ciò avvenisse e l’ampia partecipazione al Summit di tutta la filiera dell’eolico offshore rappresenta un importante segnale di sensibilizzazione nei confronti delle Istituzioni, confermando la necessità di una cooperazione a tutti i livelli nella definizione delle politiche di settore».
L’articolo Atelli, in Italia il 2023 è stato per l’eolico offshore «simile all’anno zero» sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.
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