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Auto elettriche, biocarburanti, e-fuel: da Transport & Environment un confronto sulle emissioni

Mentre in Europa si riapre il dibattito sul ruolo che diverse tecnologie – elettrico, idrogeno, e-fuel, biocarburanti, etc – potranno avere per rendere più sostenibile la mobilità stradale, l’associazione ambientalista Transport & Environment (T&E) pubblica un’analisi comparativa in merito a emissione di gas serra, efficienza, volumi produttivi (capacità di soddisfacimento della domanda) ed emissione di inquinanti locali.

Se i biocarburanti tradizionali possono rilasciare un quantitativo di gas serra fino a 3 volte superiore nel confronto con il diesel fossile, i biocarburanti avanzati o prodotti a partire da rifiuti e residui sono in grado, in teoria, di ridurre le emissioni fino al 88% rispetto a un carburante fossile. Questi vettori dunque, non conseguono un obiettivo zero-emission e, osserva T&E, scontano  la limitata disponibilità di quantitativi sostenibili delle materie prime da cui dipendono. Il loro impiego, di conseguenza, dovrebbe  essere limitato ai comparti che non possono essere elettrificati facilmente.

Sul fronte delle emissioni non è meno netta la bocciatura degli e-fuels, peraltro tuttora inesistenti sul mercato. Essi genereranno, durante il ciclo di vita, il 53% di emissioni in più rispetto ai mezzi elettrici al 2030, anno in cui, secondo i dati dell’industria della raffinazione, gli e-fuels saranno disponibili presso i distributori, arrivando però a rappresentare appena lo 0.4% dell’offerta. Le auto elettriche invece, già oggi e con l’attuale mix energetico, permettono di ridurre del 69% in media a livello UE (e del 62% in Italia) le emissioni di CO2 lungo il ciclo di vita nel confronto con le auto a benzina.

Biocarburanti e combustibili sintetici, inoltre, evidenziano significativi problemi di efficienza, palesando rendimenti complessivi molto bassi dal processo di produzione fino alla combustione in un motore endotermico. A parità di chilometraggio, in particolare, alimentare un’auto a biocarburanti o a e-fuels può implicare un quantitativo di energia fino a cinque volte superiore rispetto a quello richiesto da un veicolo elettrico.

Oggi l’uso in purezza di biocarburanti avanzati o da rifiuti e residui consentirebbe di alimentare appena il 5% del parco circolante italiano (1.9 milioni di auto), quota che potrebbe salire al massimo al 20% (6,9 milioni) nel 2030 se fossero confermate le stime di ENI, che conta di raggiungere una capacità di bioraffinazione annuale di 5 milioni di tonnellate di HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) alla fine del decennio. Con la stessa energia e a parità di chilometraggio, osserva lo studio, si potrebbero alimentare già oggi – rispetto ai volumi di produzione attuali – 6.9 milioni di auto elettriche, per poi raggiungere quota 24 milioni, ovvero il 70% del circolante, nel 2030. Gli e-fuels, secondo i dati diffusi dai loro stessi produttori, costituiranno, come detto, appena lo 0.4% dei carburanti disponibili al distributore nel 2030. La loro incidenza dovrebbe salire al 3% nel 2035 e al 16% nel 2040. Proprio a fronte dei limitati volumi disponibili, conclude T&E, i carburanti sintetici potrebbero essere utilizzati solo per decarbonizzare i cosiddetti settori “hard to abate” come il trasporto aereo e quello marittimo e sarebbero quindi sprecati se usati nelle auto.

L’analisi, infine, sottolinea il forte impatto di biocarburanti e e-fuels sulla qualità dell’aria nelle città. Durante la combustione nei motori endotermici, infatti, entrambi i combustibili producono livelli di emissione di particolato (PM) e ossidi di azoto (NOx) del tutto simili, se non addirittura superiori, a quelli associati alla benzina fossile.

«Il confronto con i biocarburanti e gli e-fuels in termini di prestazioni energetiche, emissioni e potenziale industriale evidenzia come l’elettrico rappresenti la soluzione migliore per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione in modo più efficace, con minore spesa e maggiore potenziale occupazionale – commenta Carlo Tritto, policy officer di T&E Italia – Le battaglie di retroguardia, quando in gioco ci sono sviluppi tecnologici di grande impatto, si rivelano spesso perdenti. Se il Governo vuole tutelare i posti di lavoro dell’automotive, allora deve capire che il mercato si sta orientando verso l’elettrico  e deve  accompagnare la forza lavoro in quella direzione, affiancando a quella energetica anche una transizione sociale e occupazionale».

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