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Blitz di Greenpeace occupa una piattaforma Shell in rotta nell’Atlantico verso un giacimento petrolifero

Stamattina nell’Oceano Atlantico quattro attiviste e attivisti di Greenpeace International, l’argentino Carlos Marcelo Bariggi Amara, il turco Yakup Çetinkaya, il britannico Imogen Michel  e la statunitense Usnea Granger dagli Stati Uniti, sono saliti a bordo della White Marlin, una nave da carico che trasporta una piattaforma di stoccaggio e scarico di Shell. La piattaforma fa parte dell’infrastruttura di produzione che dovrebbe consentire al colosso petrolifero di sbloccare 8 nuovi pozzi nel giacimento di petrolio e gas Penguins North Sea. Altri due attivisti, Yeb Saño dalle Filippine, e Waya Pesik Maweru dall’Indonesia hanno tentato di unirsi a loro ma non sono riusciti a salire a bordo.

Greenpeace International dice che «Gli attivisti hanno portato con sé rifornimenti sufficienti per occupare la piattaforma per diversi giorni e hanno dispiegato uno striscione con il messaggio: “Basta trivellare. Iniziate a pagare”» e spiega che «L’azione nonviolenta, che si svolge a due giorni dalla pubblicazione degli utili di Shell, intende accendere i riflettori sulle responsabilità dell’industria dei combustibili fossili, che continua a distruggere il clima del Pianeta senza pagare un centesimo per risarcire le perdite e i danni causati».

Yeb Saño, direttore esecutivo di Greenpeace Southeast Asia, che in passato ha lavorato come capo delegazione del governo filippino ai negoziati sul clima e che ora partecipa come attivista e volontario all’azione diretta nonviolenta a bordo dell’Arctic Sunrise, ha dichiarato: «Oggi entriamo in azione perché Shell deve smettere di trivellare e iniziare a pagare. Oggi stiamo agendo oggi perché quando Shell estrae combustibili fossili provoca un’ondata di morte, distruzione e sfollamento in tutto il mondo, con il peggior impatto sulle persone meno responsabili della crisi climatica. Shell e la più estesa industria dei combustibili fossili stanno portando la crisi climatica nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nei nostri paesaggi e negli oceani. Quindi li affronteremo in mare, alle assemblee degli azionisti, in trribunale, online e nelle loro sedi. Non ci fermeremo finché non avremo giustizia climatica. Faremo pagare chi inquina. Devono assumersi la responsabilità per decenni di profitti derib vanti dall’ingiustizia climatica e pagare per le perdite e i danni che hanno causato».

La White Marlin trasporta un’unità floating production storage and offloading (FPSO) per un progetto di potenziamento che consentirà alla Shell di spremere fino all’ultima goccia di petrolio dal giacimento di Penguins. Al picco di produzione, il progetto dovrebbe produrre l’equivalente di 45 mila barili di petrolio al giorno e Shell ha ipotizzato che potrebbe aprire ulteriori aree di esplorazione. Invece, Greenpeace chiede che «Si investa su una transizione verso un’energia economica, pulita e rinnovabile, che porti reali benefici a persone, comunità, lavoratori e lavoratrici».

La protesta di oggi arriva poche settimane dopo che Wael Sawan ha assunto la carica di nuovo amministratore delegato della Shell che il 2 febbraio dovrà probabilmente affrontare ulteriori crirtiche, visto che annuncerà i suoi profitti per l’intero anno. La multinazionale ha già realizzato profitti colossali grazie ai prezzi dell’energia gonfiati, spinti al rialzo dalla guerra in Ucraina.

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