
Si tratta di un decreto d’ispirazione antiscientifica: il cannabidiolo (Cbd) è un composto chimico naturalmente presente nella cannabis, senza proprietà inebrianti, impiegato contro una varietà di problemi di salute che spaziano dalle sindromi convulsive all’ansia, dal dolore cronico all’insonnia.
La comunità scientifica di settore non ha ancora raggiunto un consenso in merito all’efficacia terapeutica del Cbd a contrasto di tutte le patologie per le quali viene impiegato, ma sappiamo – come certifica l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) – che l’uso di Cbd non mostra potenziale d’abuso o di dipendenza, né ci sono problemi di salute pubblica associati.
La stessa Oms raccomanda che il Cbd non venga classificato come sostanza controllata, e la Corte di giustizia dell’Ue si è già espressa in materia affermando che il Cbd estratto dalla pianta intera «non costituisce uno stupefacente», come invece asserisce adesso il Governo Meloni.
Di fatto però i consumatori italiani di Cbd, nonché le imprese di settore, dal 21 settembre devono confrontarsi con questa nuova realtà normativa; l’associazione Luca Coscioni chiede però al ministro Schillaci di correggere il tiro, aprendo un confronto con tutte le parti interessate, dalle aziende produttrici ai consumatori, passando per medici, farmacie e cannabis shop.
«Se, come recita il testo, l’assunzione del prodotto per via orale sarà consentita solo previa ricetta medica occorre sapere se sono stati calcolati i costi che le farmacie dovranno sostenere relativamente alla sicurezza e alla extra burocrazia necessaria per poter commerciare legalmente questi prodotti? Oppure se è stato valutato cosa accadrà a chi produce, vende o usa farine, pasta, biscotti o olio per condimenti», argomenta nel merito Marco Percuca per l’associazione.
Come segnala il sondaggio realizzato dall’Swg sull’inquadramento del Cbd come stupefacente, il 92% degli italiani intervistati prevede un aumento dei costi e circa il 90% ritiene che la misura del Governo peggiorerà le proprie condizioni di vita e di salute, mentre oltre la metà dei rispondenti ritiene che avrà più difficoltà a procurarsi il Cbd – che utilizza prevalentemente per uso antiinfiammatorio, contro disturbi del sonno, dolore, disturbi d’ansia o sintomi depressivi –, ipotizzando dunque di rivolgersi ad acquisti online o all’estero.
«Una buona metà di chi compra prodotti con cannabidiolo lo fa online – osserva nel merito Perduca – da adesso potrebbe essere il 100%, in barba alle nuove regole e mettendo in ginocchio piccole e medie imprese italiane che in questi anni sono entrate nel settore della canapa made in Italy».
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