La decisione è stata presa nei giorni scorsi dalla Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale a seguito dell’istruttoria per la verifica d’ufficio dell’interesse culturale da parte della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio delle Province di Pisa e Livorno.
Secondo il Sindaco Davide Montauti, «E’ un atto che restituisce a Capo Poro il suo valore e l’importanza che quel luogo riveste per il mio territorio e l’intera Comunità. Questa decisione rappresenta un passo importante nella tutela di quel luogo. “Come Sindaco ho il dovere di porre in essere tutte le iniziative per tutelare un luogo un luogo di memoria e di testimonianza. Capo Poro deve tornare ad essere fruibile dai miei cittadini e dai turisti come è sempre stato prima di essere venduto dal Demanio. Questa Amministrazione ha partecipato all’istruttoria della Soprintendenza con una memoria nella quale, oltre a descrivere l’aspetto storico della batteria, tra le rare batterie costiere della Toscana e protagonista dell’operazione Brassard durante la seconda guerra mondiale, ha evidenziato il grande legame affettivo tra quel luogo e la mia Comunità».
In una nota il Comune ricorda che «Capo Poro è da sempre un punto di riferimento per il territorio Campese. Il faro della Marina Militare che domina il Golfo di Marina di Campo è un punto di riferimento ideale e simbolico e il pezzo di storia che ha visto quel promontorio protagonista è ancora vivo e presente attraverso le tracce che sono rimaste a testimoniare guerra e atti di eroismo. Quando lo Stato, nel 2016, decise di vendere Capo Poro ad un privato nessuno chiese all’Amministrazione comunale di Campo nell’Elba di esercitare il diritto di prelazione».
Montauti aggiunge: «Penso che doveva essere un atto dovuto trattandosi di un territorio di proprietà Demaniale anche chiedere agli Enti preposti se quel bene era coperto da vincolo trattandosi di una batteria costiera costruita tra la prima e la seconda guerra mondiale. E’ certo che, se al tempo lo Stato avesse dato al Comune la possibilità di acquistare quel bene oggi non ci sarebbe una privata proprietà ma un Museo della Memoria incorniciato da un paesaggio di incredibile bellezza. Per questo abbiamo già manifestato la volontà di acquistare il bene se ci sarà data la possibilità di esercitare il diritto di prelazione ora che si è conclusa l’istruttoria per la verifica d’ufficio dell’interesse culturale con il riconoscimento del vincolo per l’ex batteria di Capo Poro. La nostra ferma posizione a difendere questo luogo è rafforzata dalla volontà di mantenere, consolidare e valorizzare il paesaggio, la biodiversità, la storia, la cultura e il legame affettivo della mia Comunità che caratterizza quella zona».
Nonostante le denunce di Legambiente e le iniziative intraprese dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e gli interventi dei Carabinieri Forestali, il Comune di Campo nell’Elba ricorda che «Ad oggi Capo Poro è ancora inaccessibile. Il privato che ha acquistato il bene nel 2017 ha recintato ormai da mesi tutta l’area con pali di ferro, filo spinato, cancelli e lucchetti impedendo l’accesso alla batteria, al faro e chiudendo, di fatto, il sentiero 139».
Montauti sottolinea “Abbiamo emesso un’ordinanza ad ottobre nella quale chiediamo al proprietario di rimuovere quella recinzione e di riaprire il sentiero. Ad oggi non è successo niente e scadono i termini il 24 gennaio”.
Capo Poro è stato, il 27 maggio del 1943, scenario di un evento tragico che ha segnato la storia della Comunità campese perché quel giorno, in tarda mattinata, lo scoppio di un cannone provocò la morte di 5 giovani militari della Marina fra i quali il capocannoniere Francesco Pacini nato a San Piero. Per questo a maggio del 2021 l’Amministrazione ha deciso di dedicare una targa in memoria del tragico evento per restituire la dignità ad un ricordo che ormai rischiava di rimanere solo nella memoria degli anziani del Paese.
Montauti ribadisce: «Anche per questo rivendichiamo la proprietà di un bene che era dello Stato e che devi rimanere nella piena disponibilità di tutta la Comunità campese. Con l’arrivo del privato Capo Poro è divenuto presto un’area dove gli interventi hanno iniziato a modificare il paesaggio: i sentieri sono diventate strade, sono arrivate le recinzioni, sono comparsi i cartelli posizionati sulla sentieristica del Parco per far desistere cittadini e turisti a visitare la batteria costiera e il faro. Il riconoscimento come bene culturale è per noi il primo passo nella restituzione di un luogo simbolo alla Comunità e nei nostri obiettivi c’è anche quello di farlo diventare un Museo della Memoria coinvolgendo le associazioni storico culturali locali. Come Sindaco e come cittadino vorrei che Capo Poro diventasse un luogo di memoria per le generazioni che verranno perché non c’è valore, rispetto, amore per il prossimo senza l’esercizio costante e collettivo della memoria».
Legambiente Arcipelago Toscano si complimenta col Comune di Campo nell’Elba per aver promosso l’iniziativa che ha portato il Segretariato Regionale per la Toscana del Ministero della Cultura a dichiarare l’Ex batteria di Capo Poro bene di interesse culturale e quindi area sottoposta a tutte le disposizioni di tutela previste dall’articolo 10, comma 1 della legge n.42 del 2004.
«E’ il primo passo per farla finita con gli abusi che hanno caratterizzato quell’area (che fa parte della Zona B del Parco Nazionale e di una Zona speciale di conservazione dell’Ue) da troppi anni – dice Maria Frangioni, presidente di Legambiente Arcipelago Toscano – E’ anche un successo per la nostra testarda battaglia e le continue denunce e segnalazioni contro la prepotenza neocolonialista di chi crede di poter fare quello che vuole della bellezza e della storia della nostra isola».
Gli ambientalisti concludono: «Ha ragione il Sindaco di Campo nell’Elba Davide Montauti: permettere – come Legambiente aveva denunciato fin dall’inizio – che quel bene passasse di mano tra privati senza che alle istituzioni fosse dato modo di esercitare il diritto di prelazione è stato un imperdonabile errore e Legambiente appoggerà ogni iniziativa che faccia in modo che l’area torni ad essere quello che era e che è: un bene comune, un patrimonio pubblico e culturale dal quale gli interessi dei prepotenti e degli abusivi devono essere tenuti lontani».
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