Un contesto sempre più incerto, dove la casa dovrebbe a maggior ragione costituire un rifugio sicuro. Molti, però, una casa non ce l’hanno e non riescono a fare affidamento sull’Edilizia residenziale pubblica (Erp).
In Toscana ci sono infatti 49.924 case popolari, ma le domande inevase riguardano 17.600 famiglie. Soprattutto, i nuclei familiari che avrebbero diritto a presentare domanda (quelli con Isee inferiore a 16.500 euro) sono oltre 300mila: sei volte tanto gli alloggi Erp disponibili, nonostante le nuove assegnazioni viaggino a un ritmo di circa mille l’anno.
«Il disagio abitativo è uno dei principali problemi sociali attuali, sta aumentando di dimensione e riguarda tipologie di famiglie e individui molto diverse dal passato. A questo tipo di collettività ci dobbiamo rivolgere, e dobbiamo prestare aiuto», spiega Nicola Perini, presidente di Confservizi Cispel Toscana, nel presentare oggi il nuovo rapporto (in allegato) sulla gestione Erp in Toscana, realizzato da Cispel in collaborazione con l’istituto di ricerca Nomisma.
Nonostante le difficoltà oggettive, il sistema Erp regionale resta uno dei più avanzati in Italia, basato su proprietà comunale degli alloggi, aziende pubbliche in forma di società di capitali, finanziamento del servizio basato storicamente sul monte canoni e su fondi nazionale (ex Gescal) e regionali alimentati dalla fiscalità generale.
«Ma come dimostra la ricerca di Nomisma – prosegue Perini – il sistema è da anni entrato in crisi con l’interruzione del finanziamento nazionale ex Gescal, non sostituito da altri fondi, e la più recente interruzione del fondo nazionale per la ristrutturazione degli alloggi di risulta. Una crisi destinata ad aggravarsi in pochi anni, fino a rendere insostenibile la gestione delle case popolari a causa di fattori negativi concomitanti: il numero decrescente degli alloggi a reddito per l’aumento degli alloggi di risulta sfitti per mancanza di finanziamento per le ristrutturazioni, la vendita degli immobili, il costante deterioramento di edifici vetusti, la maggior parte dei quali di costruzione anteriore agli anni ’70, l’aumento della morosità, l’incremento dei prezzi medi di manutenzione (inflazione, età media degli immobili) e l’aumento dei costo del lavoro».
Ed è così che matura il paradosso. Da una parte il comparto industriale dell’Erp toscano appare in buona salute: le quasi 50mila unità abitative gestite dalle aziende toscane sono regolarmente assegnate per l’89,5%, contrastano l’abusivismo (1,4% di occupazioni abusive) e il fenomeno degli alloggi sfitti (9,1%), con livelli ottimali di organizzazione sovracomunale (Lode).
Dall’altra il mondo delle case popolari «rischia di collassare in pochi anni», compromettendo quel «servizio pubblico che il sistema Erp è chiamato a garantire». Come intervenire?
«Un nuovo modello di gestione delle case popolari è possibile – argomenta Perini – Molti paesi europei utilizzano un sistema diverso basato sulla definizione di un bonus mensile erogato dallo Stato ai gestori Erp, finanziato dalla fiscalità generale, e capace di coprire tutti i costi di gestione, manutenzione e costruzione di nuovi alloggi. La stima del valore di questo bonus fatta è di 350 euro ad alloggi al mese, contro un valore del canone attuale di 110 euro e un valore dei costi di gestione di circa 160 euro. Un tale meccanismo di finanziamento basato sul valore reale di costo di un alloggio Erp, consentirebbe di generare risorse per una vera e propria attività programmata di manutenzione straordinaria, efficientamento ed adeguamento sismico (140 euro al mese contro i 37 di oggi), oltre che ad avere le risorse disponibili per costruire nuovi alloggi, disporre di un servizio di mediazione culturale, adeguare le professionalità interne alle aziende».
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