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Citizen science per mitigare la crisi ambientale del mar Mediterraneo

Nel coralligeno mediterraneo, formato dall’accumulo di organismi calcarei, vivono più di 1.600 specie marine, che negli ultimi anni hanno risentito dell’aumento della temperatura dell’acqua e secondo lo studio «Marine Citizen Science and the Conservation of Mediterranean Corals: The Relevance of Training, Expert Validation, and Robust Sampling Protocols», pubblicato su Environmental Management da un team di ricercatori dell’ Universitat de Barcelona e dell’Instituto de Ciencias del Mar (ICM-CSIC),«La citizen science può contribuire a migliorare le strategie di conservazione e gestione degli ecosistemi marini del Mediterraneo e quindi anche a mitigare l’impatto della crisi ambientale».

Lo studio evidenzia il rigore scientifico del lavoro svolto dai  volontari nel valutare lo stato di conservazione dei coralli e delle gorgonie nella costa mediterranea e i ricercatori sottolineano che « Inoltre, i risultati dell’iniziativa di scienza dei cittadini mettono in guardia anche dall’aumento della mortalità di queste specie in molte parti della Costa Brava (Girona)».

Lo studio  è stato sviluppato nell’ambito del progetto Atencio Coralls!, promosso dalla piattaforma scientifica di marine citizen science Observadores del Mar, per formare volontari nello studio della distribuzione e dello stato ecologico delle popolazioni di ottocoralli ed esacoralli colpiti dai disturbi umani, soprattutto dall’aumento della temperatura, e dimostra il miglioramento della qualità scientifica dei dati raccolti dai citizen scientists in termini di precisione e accuratezza. Cristina Linares, docente di  ICREA Acadèmia della Facultat de Biologia dell’Institut de Recerca de la Biodiversitat de la UB (IRBio), ha coordinato la ricerca con Joaquim Garrabou dellICM-CSIC. I risultati pubblicati  fanno parte della tesi di dottorato di Laura Figuerola-Ferrando (UB-IRBio) e lo studio è firmato anche da Yanis Zentner (UB-IRBio) e Paula López-Sendino (ICM-CSIC), un team che ha confrontato i dati ottenuti nella Costa Brava da volontari con diversi livelli di formazione nell’applicazione del protocollo di campionamento, per vedere se c’era un miglioramento tra il primo e il secondo campionamento dopo la formazione.

La Linares spiega che «I dati di valutazione dello stato di conservazione raccolti dai volontari formati nell’arco di due giorni, ottenuti dalla percentuale di colonie colpite, sono paragonabili ai dati ottenuti dagli scienziati. Con una sola giornata di formazione, i volontari hanno ottenuto risultati davvero notevoli già dal primo campionamento».

I fattori chiave del successo della citizen science sono stati la formazione precedente ricevuta dai volontari e la validazione da parte di esperti dei dati prima del trasferimento e dell’analisi e la Figuerola sottolinea che «Il processo di validazione da parte di esperti è fondamentale per garantire che la valutazione dello stato di conservazione sia coerente e affidabile».

Una volta convalidata l’efficacia e il rigore del lavoro dei volontari, i ricercatori hanno analizzato i dati ottenuti e hanno notato che «In diverse aree del Mediterraneo nord-occidentale, le popolazioni di coralli e gorgonie stanno peggiorando sempre di più perché la percentuale di colonie colpite sta passando da popolazioni per lo più non colpite o poco colpite nel periodo 2012-2014 alle popolazioni colpite in modo moderato o grave nei periodi 2015-2019 e 2020-2022».

I risultati preliminari dello studio hanno rivelato che «Tutte le popolazioni hanno subito mortalità a causa delle alte temperature negli ultimi anni. La gorgonia bianca è stata la più colpita, con l’80% delle popolazioni gravemente colpite, mentre nel caso della gorgonia rossa l’impatto grave si verifica nel 50% delle popolazioni. Gli effetti variano anche a seconda della profondità: nei primi 20 metri prevalgono i danni gravi; tra i 20 e i 30 metri predomina un impatto moderato, il che corrisponde al fatto che tra il 30% e il 60% delle gorgonie sono colpite, e solo oltre i 30 metri troviamo popolazioni a basso impatto, vale a dire , con meno del 30% delle gorgonie colpite».

Per Garrabou, «Questi risultati sono simili a quelli riportati negli articoli scientifici, ma in aree che non erano state studiate, quindi arricchiscono la conoscenza sullo stato di conservazione di queste specie in aree che finora non sono state studiate».
La ricerca per realizzare lo studio risale al 2022, ma le attività di citizen science su queste specie sono continuati nel 2023 ampliando i punti di campionamento: l’anno scorso, l’UB e gli Observadores del Mar hanno organizzato i Coralligenous Weekends, ai quali partecipato 70 volontari e 7 diving centers della Costa Brava che hanno seguito il protocollo Coral Care! per valutare l’impatto delle ondate di caldo su oltre 10.000 gorgonie (95 punti censiti in 16 località), sia a Cap de Creus che nell’area Natura 2000 della costa del Baix Empordà.

Elisenda Franco, del Club Nàutic Port de la Selva e dell’Associació de Salut Integral al Mar i Xarxa de Custodis de la Mediterrània (SomMar), è una delle persone che hanno partecipato a queste giornate e racconta che «E’ stata un’esperienza molto positiva. La citizen science è molto buona, perché ci permette di mescolare cittadini appassionati del mare con scienziati, e si avvale dell’esperienza di ciascuno, nel mio caso di subacqueaz. Per Robert López-Guimerà, un biologo del Biology Immersion Club della Facoltà di Biologia dell’UB ,che ha partecipato all’attività, si tratta di un’opportunità «Per contribuire a ottenere dati che possano essere divulgati o pubblicati in un articolo scientifico»  e ha descritto la formazione come «Molto visiva e comprensiva. Ti aiuta ad avere una visione diversa del mare: ora fai più attenzione a come stanno le gorgonie e puoi vedere che ce ne sono molte danneggiate. Ci rende consapevoli dell’impatto sulle gorgonie e dei cambiamenti che stanno avvenendo producendo sotto l’acqua a causa del riscaldamento del mare».

La Franco e López-Guimerà   concordano sul fatto che «Si tratta di un modo per aumentare la consapevolezza della realtà del cambiamento climatico e garantire che questa conoscenza raggiunga l’opinione pubblica. Il fatto che ce lo abbiano spiegato così bene, che sia stata un’esperienza così motivante, ti spinge a provare a trasferirla nel tuo ambiente. In un certo senso è una posizione che rimane, una sorta di catena per educare, sensibilizzare e diffondere ciò che si è imparato».

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