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Cnr e Biorepack uniscono le forze contro i falsi sacchetti in bioplastica

Le bioplastiche compostabili rappresentano un’industria d’eccellenza per l’Italia, con importanti risvolti in termini di sostenibilità ambientali: permettono infatti di sostituire, in alcuni casi, plastica da fonti fossili con plastica da fonti rinnovabili.

La chiusura del ciclo, con la corretta gestione del rifiuto, presenta però ancora molti problemi soprattutto quando si parla di bioplastiche rigide (come piatti o bicchieri). Ma anche nell’ambito degli shopper – i comuni sacchetti per la spesa e/o per la raccolta dei rifiuti organici – c’è da migliorare.

Per questo il consorzio Biorepack, che all’interno del sistema Conai si occupa del riciclo organico degli imballaggi in bioplastica compostabile, ha siglato una convenzione con l’Istituto per i polimeri compositi e biomateriali (Ipcb) del Cnr, volta a verificare quanto sia diffuso l’uso del poliolefine (e in particolare del polietilene) nei bioshopper certificati come compostabili.

Sono ancora molti infatti i casi di uso e commercializzazione di shopper illegali, spesso provenienti da filiere estere non controllate: ad esempio sacchi per asporto merci e sacchetti forniti come imballaggio primario di alimenti sfusi che contengono poliolefine in percentuali variabili, rendendo poi di fatto lo shopper come non interamente compostabile.

«La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti ricorda che circa il 25% degli shopper immessi a consumo non è a norma. Il contributo scientifico del Cnr di Catania sarà fondamentale per sostenere le nostre attività di contrasto a questo fenomeno», spiega il presidente di Biorepack Marco Versari.

In base all’accordo, il Cnr-Ipcb effettuerà la ricerca e l’analisi dell’eventuale contenuto di polietilene su campioni di sacchetti per asporto merci e per imballaggio di alimenti sfusi reperiti nei punti vendita della Gdo, nei mercati e nei negozi in modo da verificarne la conformità alla legge: le indagini avranno inizio nel gennaio del prossimo anno e i risultati verranno resi noti nel corso del 2023.

«Utilizzando la metodologia sviluppata dalla ricercatrice Paola Rizzarelli (Cnr-Ipcb), e dai suoi collaboratori, Emanuele Mirabella (Cnr-Ipcb) e Marco Rapisarda (Cnr-Ipcb), riusciamo a contrastare un pericolo ambientale e ad evitare un danno economico sia per gli impianti di biodigestione anaerobica e compostaggio, ma più in generale per la filiera virtuosa delle bioplastiche, svolgendo anche un servizio a tutela dei consumatori e quindi della società», conclude il direttore del Cnr-Ipcb Domenico Garozzo.

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