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Come Airbnb ha aumentato la polarizzazione tra centro e periferia di Firenze

Le piattaforme come Airbnb e la relativa diffusione degli affitti brevi vivono sospese tra giudizi di valore contrapposti: da una parte l’accusa di snaturare borghi e città in favore di turisti mordi-e-fuggi, dall’altra la consapevolezza di essere un motore ormai importante dell’economia locale.

In questi casi portare avanti cacce alle streghe non è mai utile, ma indagare il fenomeno nella sua complessità lo è di certo, se l’ambizione è quella di proporre soluzioni percorribili.

Sotto questo profilo i ricercatori Antonello Romano (Università di Pisa), Cristina Capineri e Tiziano Bonini (Università di Siena) hanno pubblicato sulla Rivista geografica italiana uno studio che ha preso in esame 12.126 annunci georeferenziati e 651.515 recensioni lasciate dagli utenti di Airbnb dal 2010 al 2019 a Firenze.

«Le piattaforme digitali, come Airbnb, possono essere considerate come ‘orchestratori di reti’ che gestiscono i flussi di dati e di informazioni prodotti dagli utenti – spiega Romano – In questo contesto, le recensioni agiscono come una camera d’eco che plasmano la città creando una divisione sempre più marcata tra alcune parti connesse ai flussi globali dove si concentra tutto il valore e altre disconnesse con il risultato di una sempre maggiore polarizzazione e frammentazione fra centro e periferie».

Il risultato per Firenze è che la sola area del centro storico dichiarata patrimonio dell’Unesco nel 1982, che corrisponde a circa 5 kmq, è arrivata a concentrare il 62% dell’offerta, cioè degli appartamenti disponibili per gli affitti brevi, e il 70,3% delle recensioni su Airbnb nel 2019.

«L’algoritmo della piattaforma – conclude Romano – crea un processo cumulativo e accentrante che reitera se stesso e aumenta ancora di più le diseguaglianze nello spazio urbano confermando il valore di alcune zone e il disvalore di altre, un tensione ampliata anche dalla promessa di Airbnb di far “vivere come una persona del posto”, il che di fatto svuota i luoghi di vita e rende i centri storici aree sempre più abitate da “popolazione non residente”».

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Written by redazione

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