Il TNCdF, nato nel 2007 dal Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, ha come guida l’assunto del Trattato di Lisbona: «Le decisioni siano prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini» e in 16 anni ha sviluppato una comunità di “pratica e apprendimento” che opera per migliorare la cultura e la gestione dell’acqua e dei territori fluviali in Italia. E’ partendo da queste solide basi, e ora che la melma dell’alluvione e delle polemiche comincia a defluire che il TNCdF spiega in un comunicato che «Dopo l’ennesima alluvione – in realtà è dagli anni ’50 che le alluvioni ci colpiscono con sempre maggiore frequenza – dopo altri morti e danni alle abitazioni e al sistema produttivo ci sentiamo nuovamente ripetere che i fiumi sono pericolosi e che la soluzione sta nell’alzare gli argini e nel bloccarli artificializzandone il corso. Negli ultimi 60 anni in realtà è quello che abbiamo fatto, ma sembra che non abbia funzionato, anzi al contrario, in Italia appena piove un po’ di più, migliaia di persone continuano ad essere a rischio. Come Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume pensiamo che quando il modo di affrontare un problema di questa gravità fallisce, bisogna cercare altre strade. I fiumi sono parte integrante del territorio e se non vogliamo vivere di emergenze continue (troppa acqua, poca acqua, acqua inquinata) amplificate dal cambiamento climatico, dobbiamo capire che i fiumi sono diventati “pericolosi” perché in qualche modo abbiamo fallito nella pianificazione e gestione del territorio».
Da qui parte un cammino di sensibilizzazione, rivolto in primo luogo alle istituzioni e il coordinatore del TNCdF conclude: «Si tratta infatti di fare sì che i Contratti di Fiume siano supportati a tutti i livelli, che le azioni che prevedono siano attuate attraverso lo stanziamento delle necessarie risorse e la predisposizione delle procedure. Le istituzioni ci supportano dal punto di vista generale e riconoscono lo strumento ma per ora essenzialmente da un punto di vista teorico. Vogliamo invece che avvenga in modo sempre più concreto e operativo. Non è giusto ed è per giunta molto miope chiamare in causa i cittadini solo per spalare il fango quando da loro arrivano e sono disponibili contributi preziosi di programmazione. Serve una maggior responsabilità di tutte le parti e una collaborazione più stretta tra comunità e autorità pubbliche».
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