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COP27 in Egitto, Legambiente: mantenere vivo l’obiettivo di 1.5° C e aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica

Alla vigilia della COP27, Legambiente lancia il suo messaggio ai grandi della terra che si riuniranno in Egitto, a Sharm El Sheik, per parlare di lotta alla crisi climatica e degli impegni da prendere da qui ai prossimi anni: «E’ indispensabile che da questa COP27 si arrivi ad un accordo ambizioso e giusto in grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5°C ed aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica. Emblematica la scelta di fare il vertice in Africa dove l’intreccio drammatico di queste crisi si tocca con mano più che altrove. E’ qui che si può e deve trovare una prima importante risposta con un accordo in grado di accelerare l’azione climatica, ricostruire un nuovo rapporto di fiducia tra paesi ricchi emergenti e poveri, e dimostrare che solo con l’azione collettiva di un rinnovato multilateralismo è possibile vincere le sfide globali che si hanno di fronte e dare un contributo concreto alla costruzione di un futuro di pace e sicurezza».

Secondo il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, «Siamo di fronte a sempre più preoccupanti disastri climatici, causati da eventi estremi che hanno colpito ogni angolo del pianeta, compreso il nostro Paese. A pagarne le maggiori conseguenze saranno soprattutto i paesi più poveri e vulnerabili come ad esempio le catastrofiche alluvioni che hanno distrutto il Pakistan con più di mille morti, milioni di sfollati e danni per oltre 30 miliardi di dollari, oppure i milioni di persone denutrite per la siccità che sta colpendo duramente il Corno d’Africa. Lo ripetiamo, non c’è più tempo da perdere. Servono impegni concreti da parte delle maggiori economie del pianeta, a partire dall’Europa con il pieno sostegno dell’Italia, in grado di costruire un largo consenso su pacchetto di decisioni che si traduca in un Accordo di Sharm El Sheiambizioso e giusto in grado di fronteggiare con efficacia l’emergenza climatica».

Ma il governo di destra sembra andare in direzione totalmente opposta e ieri la premier Giorgia Meloni ha annunciato che presto ripartiranno le trivellazioni in Adricatico bloccate dall’”ambientalismo ideologico”. Peccato che nel 2016, in occasione del freferendum anti-trivelle fatto fallire dall’astenzionismo dell’allora PD renziano, la Meloni, da capo di Fratelli d’Italia, ebbe a dire: «Domenica 17 aprile andiamo a votare sì al referendum per dire basta alle trivellazioni, basta all’inquinamento del nostro mare e basta ad un governo ipocrita e servo dei poteri forti che sta affamando il popolo italiano per fare gli interessi di amici e parenti». Una mutazione radicale e non politicamente chiarita. La Meloni e Fratelli d’Italia sbagliavano quando facevano gli “ambientalisti ideologici” no-triv – partecipando alle manifestazioni anti trivelle con slogan e bandiere – o sbagliano ora cedendo ai “poteri forti” ai quali soggiaceva nel 2016 l’allora governo Renzi?

Comunque, dopo le dichiarazioni pro-triv di Giorgia Meloni, Greenpreace le ha ricordato su Twitter che «Aumentando le trivellazioni in mare il governo aggrava la #crisiclimatica. Sommando riserve certe e probabili, avremmo poco più di un anno di consumi di gas. Con impatti minimi su indipendenza e costo dell’energia. Servono invece più rinnovabili, efficienza e risparmio energetico».

Tornando a Legambiente e alla COP27 Unfccc, per il Cigno Verde «Sono tre i pilastri essenziali per un accordo sul clima ambizioso e giusto e per far in modo che la COP27 porti a dei risultati concreti. Primo pilastro, occorre garantire un programma per adeguare gli attuali impegni di riduzione delle emissioni all’obiettivo di 1.5° C. Per attivare questo processo virtuoso è cruciale un primo passo dell’Europa».

Mauro Albrizio, responsabile ufficio europeo di Legambiente, ribadisce che «A Sharm El Sheik l’Europa, con il pieno sostegno dell’Italia, deve impegnarsi a rivedere il suo impegno di riduzione delle emissioni climalteranti (NDC – National Determined Contribution) subito dopo l’approvazione, prevista all’inizio del prossimo anno, del nuovo pacchetto legislativo su clima ed energia. Per contribuire equamente al raggiungimento dell’obiettivo di 1.5°C, l’Europa deve andare oltre l’obiettivo del 55% (previsto dal suo attuale NDC) e ridurre le emissioni di almeno il 65% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 per poter così raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Con i nuovi obiettivi di REPowerEU (45% di rinnovabili e 13% di efficienza energetica entro il 2030), secondo una prima valutazione del CAT, l’Europa potrebbe raggiungere una riduzione netta delle sue emissioni del 60-62%. Per centrare l’obiettivo del 65% serve raggiungere il 50% di rinnovabili ed il 20% di efficienza energetica entro il 2030. Un ulteriore passo in avanti tecnologicamente possibile ed economicamente conveniente, che può consentire all’Europa di risparmiare da qui al 2030 ben 10 mila miliardi di euro secondo una recente stima dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW)».

Secondo pilastro è quello di garantire il necessario sostegno finanziario per un’ambiziosa azione climatica dei paesi più poveri e vulnerabili: «La finanza climatica è uno dei punti cruciali dell’agenda della COP27 – spiega Legambiente – Il successo di Sharm El Sheik dipende molto dal rispetto da parte dei Paesi industrializzati dell’impegno di garantire ai Paesi poveri un aiuto economico, nel periodo 2020-2025, di almeno 100 miliardi di dollari l’anno per contribuire a ridurre le loro emissioni e adattarsi ai cambiamenti climatici. Purtroppo nel 2020 il gli aiuti ai Paesi poveri hanno raggiunto appena 83 miliardi di dollari. Servono considerevoli risorse aggiuntive per sostenere un’ambiziosa azione climatica dei paesi più poveri e vulnerabili. Secondo l’ultimo rapporto della Commissione permanente sulla finanza della Convenzione sul Clima (SCF-UNFCCC), sono necessari almeno 5.300 miliardi di dollari per attuare gli impegni di mitigazione e adattamento dei paesi in via di sviluppo. È pertanto importante che la COP27 formalizzi con una decisione l’impegno che il nuovo obiettivo di finanza climatica per la fase post-2025 (New Collective Quantified Goal – NCQG) non solo sia superiore agli attuali 100 miliardi di dollari, ma che orienti la riconversione di tutti i flussi finanziari verso investimenti “low-carbon and carbon-resilient”, come previsto dall’articolo 2 dell’Accordo di Parigi, con il pieno coinvolgimento delle Banche multilaterali di sviluppo».

Ma tutto questo non basta. «Per raggiungere un accordo ambizioso, in grado di porre le basi per una vera giustizia climatica – conclude Legambiente – è cruciale che alla COP27 finalmente si decida di rivedere l’attuale architettura della finanza climatica. Questo è per Legambiente il terzo pilastro. Non solo aiuti per la mitigazione e l’adattamento. Serve un nuovo strumento finanziario (Loss and Damage Facility) per sostenere la ricostruzione economica e sociale delle comunità povere e vulnerabili messe in ginocchio dai disastri climatici sempre più frequenti.  Come ha proposto il Segretario Generale Guterres all’ultima Assemblea delle Nazioni Unite, queste risorse possono essere reperite attraverso la tassazione degli extra-profitti delle imprese fossili, tenendo presente che tra il 2000 e il 2019 hanno realizzato profitti per oltre 30mila miliardi di dollari».

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