È questa l’amara conclusione cui è giunta la Corte dei conti europea, a valle di un audit in merito al percorso in essere per tagliare del 55% le emissioni di gas serra rispetto al 1990, tra appena 7 anni: «Ben pochi segnali indicano che le azioni intraprese per conseguire gli obiettivi per il 2030 saranno sufficienti», scrive la Corte.
Eppure quello del 2030 non è un capriccio europeo, ma una tappa intermedia necessaria per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Se quell’obiettivo sarà mancato, le conseguenze sono già state messe in luce dalla comunità scientifica: la crisi climatica supererà la soglia di guardia dei +1,5-2°C rispetto all’era industriale, con conseguenze catastrofiche e irreversibili.
È dunque essenziale accelerare il passo della transizione ecologica, in primis ricocendo che gli obiettivi al 2020 non sono stati raggiunti solo per merito dell’impegno degli Stati membri, ma anche per la drammatica situazione di contesto, fatta prima di crisi economica e poi di pandemia.
Gli auditor della Corte evidenziano infatti che «molto probabilmente l’Ue‑27 non avrebbe raggiunto l’obiettivo di efficienza energetica per il 2020 senza la riduzione dei consumi energetici indotta dalla crisi finanziaria del 2009 e dalla pandemia di Covid-19».
«Occorre maggiore trasparenza riguardo alla performance delle azioni attuate dall’UE e dagli Stati membri in materia di clima e di energia – spiega Joëlle Elvinger, il membro della Corte dei conti europea responsabile dell’audit – Riteniamo inoltre che si debba tener conto di tutte le emissioni di gas a effetto serra causate dall’Ue, comprese quelle prodotte dagli scambi commerciali (che impattano per circa +8%, ndr) e dal trasporto aereo e marittimo internazionale. Tanto più che l’Ue si è impegnata a essere leader mondiale nella transizione verso la neutralità climatica».
Guardando al futuro, preoccupa soprattutto l’assenza di segnali che siano messi a disposizione sufficienti finanziamenti per raggiungere gli obiettivi più ambiziosi stabiliti per il 2030, «in particolare da parte del settore privato che dovrebbe contribuire in misura significativa».
L’Ue si è infatti impegnata a spendere per l’azione per il clima almeno il 30 % del bilancio 2021‑2027: circa 87 miliardi di euro all’anno, cioè meno del 10% degli investimenti totali necessari per raggiungere gli obiettivi per il 2030, stimati approssimativamente a 1.000 miliardi di euro all’anno. I restanti investimenti dovrebbero provenire da finanziamenti nazionali e privati.
Sotto questo profilo, un’occasione concreta per accelerare la transizione ecologica arriverà a giorni. Entro il 30 giugno 2023, l’Italia – come il resto degli Stati membri – è infatti chiamata a presentare la proposta aggiornata del proprio Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), in modo da renderlo adeguato a tagliare le emissioni del 55% entro il 2030.
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