Il progetto è ancora nella fase di definizione per lo studio d’impatto ambientale, ma l’inquadramento generale è noto: si parla di un parco eolico composto da 48 turbine da circa 18 MW ciascuna, con diametro pari a 250 m e altezza del mozzo dal pelo libero dell’acqua di 157 m.
Le pale dovrebbero localizzarsi nel Mar Tirreno a una distanza di circa 17 km dall’Isola di Gorgona e 22 km dall’Isola di Capraia – dove la profondità del fondale è compresa tra 300 e 600 m –, rimanendo dunque pressoché invisibili dalla linea di costa toscana (a 50 km di distanza da Calafuria).
Il parco eolico Atis, che potrebbe essere pronto in 4 anni di lavori, sarebbe in grado di produrre 1860,5 GWh di elettricità rinnovabile ogni anno, che verrebbe poi trasportata per mezzo di cavidotti sottomarini – passando per la realizzazione di due nuove sottostazioni offshore, anch’esse galleggianti – per i quali è previsto l’approdo a sud del Comune di Rosignano Marittimo (LI).
È ancora presto per sapere se il progetto verrà realizzato o meno: il giudizio di compatibilità ambientale dovrà passare attraverso una procedura di Valutazione d’impatto ambientale (Via) di competenza nazionale.
Se otterrà il necessario via libera, il progetto potrà configurarsi come un’importante passo avanti per lo sviluppo dell’eolico offshore nelle acque italiane, dove ad oggi sono operative appena 10 pale da 30 MW complessivi, entrate in funzione davanti alla costa di Taranto dopo un ciclopico iter autorizzativo lungo 14 anni.
Per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione e penetrazione delle rinnovabili nel mix energetico italiano, le tempistiche dei nuovi progetti dovranno giocoforza ridursi di molto; l’eolico offshore in particolare rappresenta un’importante potenzialità per il nostro Paese, dove su questo fronte potrebbero svilupparsi 1,3 milioni di posti di lavoro, se verranno risolte le storiche problematiche che bloccano la crescita del comparto.
«È sicuramente una buona notizia – dice Umberto Mazzantini, responsabile Mare di Legambiente Toscana – Ed è una buona notizia che si parli di eolico galleggiante, sicuramente meno impattante di altre tecnologie. L’Italia deve correre se vuole recuperare il drammatico ritardo che ha sulle rinnovabili e il quasi zero che ha sull’eolico offshore. Deve e può farlo tenendo conto del Santuario internazionale dei mammiferi marini Pelagos, ad oggi poco più che un segno sulla carta, e delle protezioni a mare e costiere. Il mondo non si salva se non si decarbonizza e non si salva nemmeno la biodiversità.
Ieri, durante l’audizione alla Commissione parlamentare per il contrasto agli svantaggi derivanti dall’insularità, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha detto che le isole minori devono essere un laboratorio per le energie rinnovabili e la sostenibilità e tra gli obiettivi di salvaguardia naturale ha citato anche la costituzione delle Aree marine protette quale “brand dell’eccellenza italiana nel mondo”, spiegando che “si sta procedendo verso una celere individuazione di quelle isole, non ancora Amp, che possano arricchire il patrimonio delle località insulari cui riservare una delicata e maggiore tutela”.
L’Arcipelago toscano e il mare sono il banco di prova di questo impegno, per vedere finalmente istituita un’area marina protetta in attesa dal 1982 e per fare dell’eolico offshore galleggiante una risorsa anche per le isole, magari pubblica e non gestita da qualche colosso del greenwashing. Pale eoliche galleggianti e rigassificatore di Piombino non sono le due facce di una stessa medaglia».
L. A.
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