Sono i Paesi dell’Europa meridionale come la Grecia, l’Italia e il Portogallo a non essere riusciti a contrastare e prevenire un fenomeno noto, commentato da tutti ma mai affrontato con decisione tanto che i numeri sono sempre in aumento.
In Italia, secondo le rilevazioni satellitari Modis/Sentinel2 messe a disposizioni da Copernicus, sono già bruciati 594 chilometri quadrati con un incremento rispetto alla media di 542 chilometri quadrati calcolata nel periodo 2006-2022. Non sono solo chilometri quadrati di territorio bruciati: sono andati persi ecosistemi, paesaggi, storia, infrastrutture e sistemi produttivi, servizi ai cittadini, senza contare il disagio che stanno vivendo le popolazioni colpite.
Se agli incendi europei aggiungiamo quelli canadesi, americani, africani, asiatici e australiani sembra che la situazione peggiori di anno in anno. Con gli incendi produciamo anidrite carbonica che si aggiunge a quella prodotta dalle attività umane che stanno causando il cambiamento climatico, i cui effetti mettono in crisi i sistemi sociali e produttivi.
È bene ricordare che gli incendi dei boschi, oltre a produrre anidrite carbonica e altre sostanze climalteranti, bloccano il consumo di anidride carbonica da parte della vegetazione. Approssimando il calcolo con 9 tonnellate di anidrite carbonica equivalente per ettaro per anno assorbita da un bosco, possiamo stimare che in Europa con gli incendi verificatesi fino a oggi abbiamo rinunciato a sottrarre dall’atmosfera ben 2,5 milioni di tonnellate di anidrite carbonica equivalente per ogni anno necessario affinché i boschi riprendano la loro piena funzione.
Forse sarebbe il caso che l’Europa, oltre a prevedere la riduzione razionale dell’utilizzo delle fonti fossili, si impegnasse con una politica più incisiva sulla prevenzione degli incendi boschivi, che hanno conseguenze devastanti in termini ambientali locali e globali.
di Antonello Fiore, presidente nazionale della Società italiana di geologia ambientale (Sigea)
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