
Intitolato all’ex dipendente Enel che con grande passione e competenza negli anni ha raccolto e conservato i fossili da cui ha preso vita il Museo, la struttura è ora sotto la gestione della Direzione regionale musei dell’Umbria.
Tutto nasce dagli scavi della lignite, destinata ad alimentare la centrale termoelettrica “Città di Roma”, creata nel 1959 sotto la gestione di Acea e dal 1963 proprietà di Enel, che hanno portato alla luce migliaia di resti fossili di piante (36 specie identificate mediante frutti e semi, 11 specie mediante pollini), molluschi d’acqua dolce (5 specie), insetti (almeno 6 ordini) e soprattutto vertebrati (ben 40 specie tra pesci dulciacquicoli, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi).
Sono proprio i vertebrati a rendere unica la fauna di Pietrafitta, considerata dagli scienziati la più ricca d’Italia per l’intervallo di tempo chiamato Unità faunistica di Farneta (circa 1,5 milioni di anni fa).
L’assidua attività di recupero prima di Luigi Boldrini, assistente capoturno di miniera e dipendente Enel, poi dei ricercatori dell’Università di Perugia ha consentito il recupero di questa enorme quantità di materiale che è tutt’ora in corso di studio.
La “star” della collezione è senz’altro il mammuth, riferito alla specie Mammuthus meridionalis, che trova a Pietrafitta il sito più importante a livello europeo sia in termini di soggetti documentati che di dimensioni degli stessi; ma anche gli uccelli, generalmente molto rari nel record fossile, sono invece molto abbondanti a Pietrafitta, con circa 200 resti scheletrici identificati.
Con questo nuovo percorso, inoltre, il Museo si apre ad importanti collaborazioni con le realtà del territorio, tra cui Enel, che ha realizzato in tempi recenti un impianto fotovoltaico da 32 kW sulla copertura dell’edificio per favorire lo sviluppo delle energie rinnovabili, la sostenibilità e ridurre i consumi energetici della struttura con benefici economici ed ambientali.
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