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Dall’Accordo sul clima di Parigi le banche hanno finanziato le fonti fossili con 5.500 mld di dollari

Dall’Accordo di Parigi sul clima, raggiunto nel 2015 e ratificato nel 2016 – anche da Ue e Italia – le 60 maggiori banche private del mondo hanno finanziato i combustibili fossili con 5.500 miliardi di dollari.

È quanto afferma il nuovo rapporto annuale Banking on climate chaos, pubblicato oggi da un pool di organizzazioni della società civile, compresa l’italiana ReCommon.

L’analisi globale mette in luce il greenwashing delle banche a fronte dei loro proclami per il clima, esaminando i finanziamenti all’industria dei combustibili fossili. Guardando ai dati dell’ultimo anno, dal rapporto emerge la Royal Bank of Canada (Rcb) al primo posto tra i finanziatori dell’industria fossile, seguita da JP Morgan Chase, che – allargando il periodo d’osservazione – resta «la peggior banca fossile al mondo a partire dal 2016 assieme alle altre statunitensi Citi, Wells Fargo e Bank of America».

Ma nel rapporto non ci sono solo banche appartenenti al mondo anglosassone. Le due più grandi banche italiane, UniCredit e Intesa Sanpaolo, dal 2016 «hanno concesso all’industria fossile rispettivamente 43 e 22 miliardi di dollari in termini di prestiti e sottoscrizioni, risultando anche nella lista delle prime 40 banche a livello mondiale che finanziano le multinazionali coinvolte nell’espansione dell’industria dei combustibili fossili, tra cui Eni e Total».

«Ci troviamo ogni anno a commentare questi finanziamenti che sono in costante aumento, nonostante l’urgenza della crisi climatica – dichiara Daniela Finamore per ReCommon – Anche Intesa Sanpaolo e UniCredit, le principali banche italiane, sembrano ignorare gli allarmi della comunità scientifica continuando ad alimentare l’espansione dell’industria dei combustibili fossili e fiutando nuove opportunità di business, come nel caso del Gnl. Nuovi affari e profitti a danno del clima e delle comunità maggiormente esposte agli impatti del cambiamento climatico».

Il rapporto mette infatti in evidenza come il 2022 sia stato un anno di lauti profitti per le società coinvolte nel business del gas naturale liquefatto (Gnl) che, in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, hanno approfittato della crescita della domanda per espandere la propria attività.

Le prime 30 aziende che espandono il settore del Gnl hanno utilizzato la crisi per assicurarsi quasi il 50% in più di finanziamenti nel 2022 rispetto al 2021. Tra i casi presentati c’è quello del Golfo del Messico, martoriato dall’espansione dell’industria del Gnl, che vede Intesa Sanpaolo «protagonista con copiosi finanziamenti a compagnie quali Cheniere, ExxonMobil e Freeport Lng».

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