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Enea, nel 2023 clima mite e industria in calo tagliano le emissioni di CO2 italiane

Nel corso dell’ultimo anno l’Italia ha visto emissioni di CO2 in calo dell’8% a fronte di una riduzione dei consumi energetici del 2,5%, secondo l’analisi elaborata dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea).

Il nostro Paese è dunque finalmente sulla buona strada della decarbonizzazione? Purtroppo no, perché quest’andamento è soprattutto il risultato di una decrescita infelice dell’industria e della crisi climatica stessa, che nell’anno più caldo della storia ha tagliato i consumi per il riscaldamento.

«La diminuzione dei consumi è il risultato di un minor impiego di fonti fossili come gas (-10%), carbone (-30%) e petrolio (-2%), compensato solo parzialmente dalla maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili (+13%) e dalle importazioni di elettricità, salite al massimo storico (+19%)», aggiunge Francesco Gracceva, il ricercatore Enea che coordina l’Analisi.

Di fatto, il calo della domanda «è legato prevalentemente a fenomeni non strutturali, come la diminuzione dei consumi di gas per riscaldamento nel primo trimestre 2023, dovuti a un inverno molto mite, al Piano nazionale di contenimento dei consumi e ai prezzi dell’energia ancora alti, ma anche alla contrazione della produzione industriale che ha toccato punte quasi drammatiche in alcuni settori energivori, scendendo sotto i livelli del 2020».

Del resto non è una novità dell’ultimo anno. Come argomentato pochi giorni fa all’Università di Padova proprio da Gracceva, dal 2021 al 2023 i consumi di energia sono calati del 5,6% mentre il Pil è cresciuto dell’1%. Nello stesso periodo sono calate anche le emissioni dell’8% e di circa il 30% rispetto al 1990: «Tale evoluzione, pur positiva, non sembra però avere i caratteri di un radicale cambiamento di traiettoria del sistema: in altri termini dipende da aspetti congiunturali e non strutturali.. Almeno la metà del calo dei consumi, e poco più della metà del calo delle emissioni, è legato a fattori come il clima eccezionalmente mite degli scorsi inverni, il crollo della produzione industriale dei settori energivori e il contenimento dei consumi per i prezzi record dell’energia, che hanno già avuto effetti traumatici sulla competitività di alcuni comparti industriali. Negli ultimi 5 anni le emissioni sono calate a un tasso del 2,8%, ma per gli obiettivi del 2030 serve un calo del 6,1% all’anno».

Tornando al focus sull’ultimo anno, il petrolio è tornato a essere la prima fonte energetica con il 35% del totale ma, nell’insieme, la quota di domanda coperta dalle fonti fossili – petrolio, gas e carbone – ha segnato il minimo degli ultimi 50 anni (71%). Al contempo si è registrato un nuovo massimo storico per eolico e fotovoltaico, che sono arrivati a coprire il 17,5% della domanda su base annua.

Per quanto riguarda il dettaglio della CO2, il 70% della riduzione delle emissioni riguarda il settore elettrico, in gran parte per fenomeni congiunturali come il ‘riaggiustamento’ del mix delle fonti dopo le tensioni del 2022 sui mercati dell’energia.

«L’aumento dell’intensità carbonica registrato nel 2022 si è dimostrato – prosegue Gracceva – un fenomeno temporaneo per un insieme di fattori: è risalita la produzione idroelettrica (+10 TWh dal minimo storico del 2022), è diminuita la produzione da gas (-25 TWh),è cessato il programma di massimizzazione dell’utilizzo di carbone (-9 TWh) e dell’olio combustibile, mentre l’import elettrico (+8 TWh) ha raggiunto un record storico».

In questo scenario la transizione del sistema energetico ritrova il passo verso la decarbonizzazione, misurata dall’Enea attraverso l’indice Ispred, che registra nel 2023 un miglioramento significativo (+25%) rispetto al 2022, quando era crollato al minimo della serie storica (dal 2008).

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