Guglielmina Diolaiuti, glaciologa del CGI e professoressa di geografia all’università degli Studi di Milano, sottolinea che «Il ghiacciaio dei Forni sta perdendo il 50% in più di spessore per fusione rispetto al 2022. Nella zona più bassa della lingua glaciale non coperta da detrito, le nostre misurazioni di questi giorni hanno segnalato la perdita di 37 centimetri di spessore di ghiaccio in appena quattro giorni, un dato decisamente superiore alla media, che di solito era di 6 centimetri al giorno».
Greenpeace evidenzia che le trasformazioni sono evidenti a occhio nudo: «Da metà Ottocento il ghiacciaio dei Forni ha perso circa 10 chilometri quadrati, ovvero metà della sua superficie, mentre la fronte del ghiacciaio è arretrata di 400 metri in meno di dieci anni».
Claudio Smiraglia, già presidente del CGI e membro del network di esperti ed esperte Voci per il clima promosso da Greenpeace Italia, aggiunge: «Veniamo dall’estate terrificante del 2022 e speravamo che il 2023 avrebbe comportato una situazione diversa per i nostri ghiacciai, ma purtroppo sta peggiorando. In queste giornate lo zero termico è stato sempre oltre i 4.000 metri, a volte oltre i 5.000 metri, perciò tutto il ghiacciaio dei Forni è ai livelli di fusione. Questo libera una grande quantità di acqua che nei prossimi anni causerà una riduzione enorme dei volumi del ghiacciaio e quindi anche un minor rilascio idrico estivo con impatti non trascurabili anche in pianura. Se le temperature nei prossimi giorni continueranno a seguire questa tendenza al rialzo, il ghiacciaio subirà delle conseguenze gravissime».
Infatti, il ritiro dei ghiacciai aggrava anche il rischio di siccità durante il periodo estivo, quando la fusione della neve e dei ghiacci accumulati durante l’inverno sopperisce alle minori piogge: senza i ghiacciai, verrebbe meno questa importante riserva d’acqua, essenziale sia per gli ecosistemi sia per le attività umane, a partire dall’agricoltura.
La Diolaiuti fa notare che «Le proiezioni basate sugli scenari climatici a nostra disposizione suggeriscono che entro il 2060 fino all’80% della superficie dei ghiacciai italiani alpini sarà scomparsa, con enormi impatti sui volumi di acqua di fusione rilasciata. Significa che senza questi ghiacciai tra 30-40 anni avremo delle siccità sempre più intense anche a valle. Dobbiamo renderci conto che la responsabilità è in gran parte nostra: è indubbio che le attività antropiche, in primis le emissioni derivanti dalla combustione dei combustibili fossili, abbiano determinato un aumento di gas climalteranti che sono i principali responsabili del riscaldamento atmosferico attuale. La temperatura sta aumentando in maniera molto rapida, un aumento mai visto nel recente passato che va di pari passo proprio con il ritiro dei ghiacciai, migliori testimoni dei cambiamenti climatici».
Smiraglia conclude:«Siamo a 3.000 metri, il ghiacciaio fonde sotto i nostri occhi e fa caldo: giornate come queste non le ho mai vissute in alta quota. Il ghiacciaio dei Forni è un malato terminale che sta scomparendo sotto i nostri occhi. Nell’arco di pochi anni la lingua dei Forni sarà senza alimentazione e diventerà ghiaccio morto, simbolo della crisi climatica che stiamo vivendo».
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