
«Al 2030 i consumi di energia elettrica arriveranno a 360 TWh ed è necessario che tale quota sia coperta da fonti energetiche rinnovabili, svincolate dalle forniture di gas e carbone esteri onde evitare gli attuali livelli di prezzo insostenibili – spiega Togni – La politica deve intervenire subito, completando l’opera di semplificazione autorizzativa per i nuovi impianti e per il rinnovo degli stessi, definendo le “aree non idonee” come tutte le aree che non abbiano vincoli incompatibili con l’eolico e target rinnovabili aggiornati e in linea con i nuovi obiettivi europei, programmando nuove aste Fer per le rinnovabili differenziate per tecnologie così da garantire una significativa riduzione dei costi della bolletta elettrica del nostro Paese».
Aspetti verso i quali Gava ha mostrato apertura: «Siamo a fianco delle Regioni che si stanno dotando degli strumenti volti a individuare le aree non idonee alla realizzazione di impianti da Fer. Ormai da mesi, con diversi provvedimenti, stiamo lavorando lungo la strada delle semplificazioni».
Che però non hanno dato i frutti sperati, come sottolineato anche negli ultimi giorni da Elettricità futura, l’associazione confindustriale che rappresenta il 70% della produzione elettrica nazionale. Sono gli stessi dati recentemente diffusi dal Mite a documentare lo stallo: nei primi 4 mesi del 2022 sono stati installati solo 0,64 GW di nuovi impianti rinnovabili, quando per rispettare gli obiettivi del RePowerEu dovremmo installare circa 10 GW l’anno.
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