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Eolico offshore, in Italia a rischio investimenti da 30 mld di euro

In Italia è in esercizio solo un piccolo impianto eolico offshore – a Taranto, dopo un iter autorizzativo lungo 14 anni –, e senza un adeguato supporto istituzionale l’intero settore rischia di rimanere al palo.

Per contribuire a chiarire i pregiudizi di cui troppo spesso è ancora vittima l’energia del vento, si è svolto ieri un evento online organizzato dalle associazioni ambientaliste Rinascimento Green, EcoLobby e Cittadini per l’Italia rinnovabile.

«Nostro dovere è smontarli uno ad uno, e questa iniziativa non è che il primo passo», ha spiegato Mauro Romanelli, fondatore di EcoLobby e Cittadini per l’Italia Rinnovabile.

Dalla Sicilia chiara la presa di posizione di Stephanie Brancaforte, direttrice di Rinascimento Green ed esponente di Transistor Siracusa: «Per influenzare i decisori politici affinché prendano iniziative concrete volte ad attuare una reale lotta al fossile a favore di un modello energetico rinnovabile, è necessario coinvolgere sempre più persone, spiegare i risvolti positivi di questo cambiamento in maniera concreta. Il guadagno per la salute, i risparmi in bolletta, la condivisione di ricchezza nelle comunità».

Il webinar, che ha visto la partecipazione di esperti del settore attivi in chiave nazionale e di esponenti di associazioni provenienti da diverse regioni d’Italia, in particolare Sicilia, Calabria e Sardegna, ha offerto infatti sia risposte ad alcuni dei pregiudizi e delle fake news più diffuse intorno all’eolico, sia una prospettiva sulle strategie virtuose di integrazione tra impianti e territori.

Tra i relatori dell’evento spicca il nome di Fulvio Mamone Capria, presidente della neonata Aero –  associazione fondata da 13 grandi aziende impegnate nella filiera italiana delle energie rinnovabili offshore – e già presidente della Lipu: «L’Italia può e deve giocare un ruolo di primo piano nella promozione e nello sfruttamento delle energie rinnovabili offshore. Al Governo chiediamo di elaborare un piano di gestione dello spazio marittimo, di approvare gli accordi relativi alle Zone Economiche Esclusive con i Paesi confinanti e di pianificare idonei interventi infrastrutturali nelle zone portuali strategiche. Senza un percorso pubblico-privato il rischio è che gli investimenti, pari a 30 miliardi di euro, correlati a un obiettivo di 10 GW di eolico offshore al 2030, possano essere dirottati altrove, disincentivando la creazione di una filiera italiana, costituita da aziende che sono il fiore all’occhiello del sistema paese che creeranno oltre 150mila posti di lavoro».

Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed energia Wwf Italia e rappresentante Sardegna Rinnovabile, è intervenuta invece soffermandosi sul nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima: «Per il Wwf l’energia rinnovabile offshore costituisce una parte essenziale della transizione energetica verso un’economia resiliente e completamente decarbonizzata. Alla luce dei più che allarmanti dati sul clima e alla vigilia dell’apertura (speriamo) del dibattito pubblico sul Pniec, appare di tutta evidenza che bisogna fare molto di più per aumentare sostanzialmente la capacità di energia rinnovabile entro il 2030 e arrivare a un sistema elettrico carbon free entro il 2035: è possibile, lo dimostra anche uno studio specifico sull’Italia che abbiamo commissionato insieme alle altre principali associazioni ambientaliste».

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