La manovra modifica per il 2023 la disciplina del reddito di cittadinanza, riducendo il numero massimo di mensilità erogabili nell’anno per le famiglie composte esclusivamente da individui non disabili e di età compresa tra 18 e 59 anni, che il Governo valuta ammontare a circa il 40 per cento della platea dei beneficiari.
Vengono inoltre rafforzati i presidi volti alla qualificazione professionale e all’attivazione dei beneficiari. La legge di bilancio prevede l’abolizione dal 2024 del reddito di cittadinanza e, utilizzando larga parte dei fondi che così si renderebbero disponibili, prospetta un riordino delle politiche di contrasto alla povertà. Nel complesso per effetto di queste misure è prevista una riduzione delle spese di 0,7 miliardi il prossimo anno e di un miliardo in ciascuno dei due anni successivi.
Per le famiglie che non comprendono disabili, minori e ultrasessantenni il sussidio nel 2023 sarebbe erogato per un massimo di 8 mensilità (invece che 12). I nuclei tenuti ad aderire al percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale avrebbero l’obbligo di partecipare a programmi di formazione e/o riqualificazione professionale della durata di 6 mesi, a pena di decadenza dal beneficio. Al fine di incentivare la partecipazione al mercato del lavoro dei beneficiari, l’eventuale reddito derivante da occupazione stagionale o intermittente non influirebbe sull’ammontare del sussidio fino all’importo di 3.000 euro annui; per la parte eccedente rimarrebbe la previsione di una franchigia del 20 per cento, valida per tutte le tipologie di contratti di lavoro sottoscritti nel periodo di erogazione del sussidio. Viene inoltre prevista la decadenza dal beneficio qualora un componente del nucleo familiare non accetti già la prima offerta congrua (anziché almeno una di due offerte congrue, come stabilito dalla legge di bilancio per il 2022).
L’introduzione del reddito di cittadinanza ha rappresentato una tappa significativa nell’ammodernamento del nostro sistema di welfare: una forma di reddito minimo a sostegno delle famiglie più bisognose è presente in tutti i paesi dell’area dell’euro e in molti di essi presenta carattere di universalità, come il reddito di cittadinanza. In questi anni il sussidio ha contribuito dapprima a contenere gli effetti negativi dell’epidemia di Covid-19 sul reddito disponibile delle famiglie più fragili e poi a sostenerne il potere d’acquisto, particolarmente colpito dal recente shock inflazionistico.
Secondo i dati dell’Osservatorio sul Reddito e Pensione di Cittadinanza dell’INPS da aprile del 2019 – primo mese di erogazione – hanno beneficiato del sussidio 1 milione e 154 mila nuclei familiari in media al mese per un importo medio di 535 euro mensili. Il numero di beneficiari medio ammontava a 881 mila nuclei tra aprile e dicembre del 2019; aumentava a 1 milione 122 mila nel 2020 e a 1 milione 346 mila nel 2021; nei primi 10 mesi del 2022 è disceso a 1 milione 209 mila. Secondo il Rapporto Annuale 2022 dell’Istat in assenza del reddito di cittadinanza (e del reddito di emergenza, che tuttavia coinvolgeva una platea molto più ristretta di beneficiari) nel 2020 sarebbero stati classificati come poveri assoluti circa 450 mila nuclei in più (corrispondenti a un milione di individui).
Come segnalato da più parti , anche dalla Banca d’Italia, l’attuale assetto del reddito di cittadinanza non è privo di aspetti critici. Questi sono per lo più legati alla duplice natura dello strumento, che è al contempo misura assistenziale e di politica attiva per l’accompagnamento e il reinserimento dei beneficiari nel mondo del lavoro. La riforma complessiva annunciata dal Governo potrebbe essere un’occasione per risolvere questa ambiguità e rafforzare l’efficacia delle misure nel raggiungere le situazioni di bisogno. Non va peraltro.
dimenticato che i radicali cambiamenti dei paradigmi produttivi in corso a livello globale potrebbero rendere obsolete le competenze di molti lavoratori, richiedendo un rafforzamento delle misure di sostegno al reddito. Nell’attuazione delle misure bisognerà prestare attenzione ai rischi di aumento dell’indigenza nelle aree dove il reddito di cittadinanza è più diffuso e il mercato del lavoro strutturalmente malfunzionante, aree già ora caratterizzate da tassi di povertà più elevati. La riduzione delle mensilità di sussidio prevista per il 2023, destinata a nuclei individuati in base all’età e alle condizioni di salute, potrebbe riguardare anche nuclei familiari difficilmente in grado di trovare una fonte di reddito alternativa sul mercato del lavoro, per di più in un contesto di rallentamento dell’economia e con un costo della vita in significativo aumento (l’importo dell’assegno, peraltro, non è indicizzato all’evoluzione dell’inflazione). L’efficacia del rafforzamento degli obblighi formativi per i beneficiari attraverso il sistema della riqualificazione professionale presuppone un’adeguata offerta di corsi, la cui qualità sia verificata in modo appropriato, nelle regioni economicamente meno sviluppate del Paese.
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