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Greenpeace, sui media italiani poca informazione climatica ma tanta pubblicità fossile

Si conclude con il report pubblicato oggi da Greenpeace il monitoraggio condotto nel 2022 – e che continuerà anche nell’anno in corso – per esaminare, insieme all’Osservatorio di Pavia, come la crisi climatica viene (non) spiegata sui media italiani.

Quest’ultima analisi è dedicata al periodo fra settembre e dicembre 2022, con un focus sui cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e da un campione di programmi televisivi di approfondimento.

Il picco delle pubblicazioni climatiche si è registrato nel mese di novembre, in occasione della Cop 27 egiziana e della tragica alluvione che si è abbattuta sull’isola di Ischia, ma di norma l’attenzione dedicata al tema resta molto blanda.

Il numero di articoli pubblicati dai principali quotidiani italiani in cui si parla esplicitamente di crisi climatica è diminuito rispetto al quadrimestre precedente, attestandosi a una media di appena 2,5 articoli al giorno.

Aumenta in compenso lo spazio offerto dai giornali alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili della crisi climatica in corso: la media è di oltre 6 pubblicità a settimana, cioè quasi una al giorno e circa il doppio rispetto al quadrimestre precedente.

Anche osservando i soggetti che hanno più voce nel racconto della crisi climatica sui giornali si nota un certo disequilibrio verso il mondo imprenditoriale: al secondo posto si trovano infatti le aziende (15%), che superano associazioni ambientaliste (14%), esperti (10%) e politici e istituzioni nazionali (10%), precedute solo dai politici e dalle istituzioni internazionali (21%) in virtù della Cop27.

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani, valutati mediante cinque parametri: in media solo Avvenire supera la sufficienza (3,4 punti su 5), scarsi invece i punteggi de Il Sole 24 Ore (2,6) e La Stampa (2,4), bocciati invece il Corriere (2,2) e la Repubblica (2,0).

Per quanto riguarda invece la televisione, si osserva un lieve incremento della copertura da parte dei telegiornali di prima serata, che tuttavia hanno parlato di crisi climatica in meno del 3% delle notizie trasmesse. Il Tg1 e il Tg3 sono i telegiornali che hanno dedicato più spazio al problema, mentre fanalino di coda si conferma il Tg La7 di Enrico Mentana, con appena l’1,4% dei servizi trasmessi.

Nei programmi televisivi di approfondimento si è infine dato spazio alla crisi climatica in 116 delle 450 puntate monitorate, pari al 26% del totale, in leggero calo rispetto al quadrimestre precedente. La trasmissione più virtuosa è Unomattina di Rai1, mentre in fondo alla classifica si trovano le due trasmissioni di La7: L’Aria che tira e Otto e mezzo.

«Gli ultimi mesi del 2022 confermano la sconcertante indifferenza dei media e dei politici italiani nei confronti della più grave emergenza ambientale della nostra epoca – commenta Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia – Tutto questo non cambierà finché i principali organi di informazione continueranno a dipendere dalle pubblicità delle aziende inquinanti, e finché la classe politica preferirà assecondare gli interessi dell’industria dei combustibili fossili anziché quelli di cittadine e cittadini. Viviamo in un Paese dove le aziende hanno un’enorme influenza sul racconto mediatico della crisi climatica e dove un colosso come Eni può dettare le politiche energetiche al Governo».

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