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I cambiamenti climatici stanno già aumentando il rischio di nuove pandemie

Il mondo non si è ancora ripreso completamente dal Covid-19 – nell’ultima settimana solo in Italia sono stati confermati oltre 11mila casi –, ma il legame tra pandemie e crisi ambientali rappresenta una lezione che ancora non è stata appresa. Eppure sembrava abbastanza chiara.

Nel marzo 2020, la direttrice del Programma Onu per l’ambiente (Unep) spiegava che «non riuscire a prendersi cura del pianeta significa non prenderci cura di noi stessi. Con la pandemia di coronavirus e la crisi climatica in corso, la natura ci sta inviando un messaggio». Una posizione rimarcata in seguito da numerosi scienziati nonché dal ministro dell’Ambiente tedesco, affermando che «la distruzione della natura è alla base della crisi coronavirus».

Un nuovo articolo scientifico, pubblicato su Science nei giorni scorsi, documenta però come la situazione continui a peggiorare.

Dall’ultima grande ondata di Covid-19, risalente a meno di due anni fa, è «emersa improvvisamente una serie di agenti patogeni. Alcuni non sono molto conosciuti, come il virus mpox e chikungunya; altri sono conosciuti da secoli, come il Vibrio cholerae (che causa il colera) e i parassiti Plasmodia (che causano la malaria). C’è anche la possibilità che gli agenti patogeni congelati nel permafrost, per i quali attualmente non esiste alcuna immunità, possano essere rilasciati mentre il clima continua a riscaldarsi».

Gli autori dell’articolo, rispettivamente direttore e ricercatore del Centre for epidemic response & innovation della Stellenbosch University, mostrano prove schiaccianti sul fatto che il cambiamento climatico stia alimentando epidemie e malattie, oltre ad aggravare oltre la metà delle malattie infettive che si abbattono sul genere umano.

«Esistono diversi modi – argomentano gli autori, Tulio de Oliveira e Houriiyah Tegally – in cui i rischi climatici aggravano le malattie infettive, sia direttamente sia indirettamente. Questi includono il lento aumento della temperatura; cambiamenti nelle condizioni ambientali che aumentano la dispersione di vettori di malattie come zanzare, roditori e zecche; la comparsa improvvisa di eventi estremi come le inondazioni, che contaminano le fonti di acqua potabile e provocano lo sfollamento di esseri umani e animali, che possono trasportare e trasmettere agenti patogeni».

Un esempio classico è quello della zanzara tigre (Aedes albopicus), che sta aumentando la sua presenza nel sud Europa e alimentando nuove epidemie virali; rientrano in quest’ambito i nuovi casi di dengue posti sotto osservazione nel mese in corso dal ministero della Salute italiano, come anche l’epidemia di chikungunya registrata sempre in Italia nel 2017. «La questione non è se, ma quando, tali eventi faranno precipitare un’altra pandemia», sottolineano i ricercatori.

«Il collegamento tra cambiamento climatico e malattie infettive – concludono gli autori – dovrebbe sollevare un appello all’azione affinché scienziati e governi valutino i rischi degli inevitabili effetti del cambiamento climatico su epidemie e pandemie […]. Questo sta cominciando ad accadere nel consorzio Climade, ad esempio. Ma la comunità internazionale deve adottare questa mentalità. Il cambiamento climatico amplificherà le epidemie e darà origine a pandemie? Sicuramente sì, se il mondo non agisce».

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Written by redazione

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