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Il 28% dell’Italia è in desertificazione, ASviS: «Serve una legge nazionale sul clima»

La crisi climatica nel nostro Paese corre a velocità più che doppia rispetto alla media globale: se nel mondo l’aumento medio della temperatura dal 1880 è di 1,1°C, nel nostro Paese è arrivato già a 2,4°C, con impatti sempre più evidenti sul territorio e sulla vita delle persone che lo abitano.

Come sintetizzato ieri dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) presentando il suo policy brief Dieci proposte sul Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, il 42% dell’acqua potabile viene disperso dalle reti idriche, anche se il 28% del territorio nazionale mostra evidenti segni di desertificazione, ed al contempo il 94% dei Comuni è a rischio dissesto idrogeologico per frane o alluvioni.

Che fare? Se è indispensabile evitare ciò a cui non possiamo adattarci – ovvero ad un aumento della  temperatura media globale oltre i +1,5°C-2°C rispetto all’era industriale –, tagliando rapidamente emissioni di gas serra da combustibili fossili, è al contempo cruciale adattarci a ciò che non possiamo evitare, ovvero a quella quota di cambiamenti climatici che l’umanità ha già provocato e con cui ormai deve fare i conti.

Su entrambi i fronti l’Italia è molto indietro. Il Paese non è mai stato così lontano dagli obiettivi di decarbonizzazione al 2030, e al contempo non si è ancora dotato di un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc): proposto per la prima volta in bozza nel 2017, il documento è tornato in fase di consultazione pubblica – in agenda fino al 14 aprile – lo scorso febbraio.

Il policy brief illustra proprio le raccomandazioni dell’ASviS per migliorare il Pnacc, valorizzando le specificità dei territori, delle comunità e delle filiere produttive.

In particolare, l’ASviS raccomanda di definire una gerarchia delle priorità delle misure di adattamento e prevedendo incentivi per le azioni di delocalizzazione di insediamenti civili e industriali a rischio. Vanno poi privilegiate le soluzioni nature based specialmente nella rigenerazione delle aree urbane, lungo le coste e lungo i percorsi dei fiumi e dei torrenti, e definite meglio le regole, i ruoli e soprattutto le responsabilità della governance del Piano, precisando compiti, responsabilità e finanziamenti delle amministrazioni regionali e locali.

Il settore assicurativo andrebbe coinvolto per l’implementazione di politiche di trasferimento del rischio e per la condivisione delle perdite finanziare collegate ai danni climatici, passando da politiche occasionali di risposta a singoli episodi di danni climatici a una strategia pluriennale di anticipazione e gestione del rischio. Va poi aumentata la capacità delle amministrazioni locali di realizzare politiche di adattamento, rafforzata la partecipazione della società civile e delle parti sociali nel disegno delle misure e nell’aggiornamento del Piano, e previsto l’avvio di percorsi di formazione di quadri e di tecnici, soprattutto della pubblica amministrazione, per la lotta ai cambiamenti climatici

«Il Pnacc è uno strumento fondamentale per integrare le politiche nazionali e locali per lo sviluppo sociale ed economico con la tutela dell’ambiente e va approvato il prima possibile – spiega il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini, già ministro e presidente dell’Istat – completando, con un’urgenza rapportata alla gravità della situazione, le analisi di rischio e di vulnerabilità su tutto il territorio nazionale e rendendolo operativo al più presto, evitando rinvii a processi attuativi complessi e lunghi, che svuoterebbero il Piano della necessaria operatività».

La stessa rapidità (ed efficacia) è richiesta al Piano nazionale integrato energia e clima: nato già vecchio nel 2020, dovrà essere aggiornato entro giugno per rispettare le richieste europee.

«Per affrontare la crisi climatica – conclude Giovannini – bisogna arrivare al più presto all’approvazione di una Legge per il clima, al pari di quanto fatto da altri Paesi europei che hanno già adottato politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici, come previsto dalla Legge europea del 2021, indirizzando al meglio gli ingenti finanziamenti nazionali ed europei disponibili, a partire da quelli per le politiche di coesione per il periodo 2021-2027».

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