I ricercatori di QUT, delle università del Queensland, della Tasmania, del New South Walesl del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO) hanno modellato l’impatto del cambiamento climatico sullo zooplancton, un gruppo abbondante ed estremamente diversificato di animali microscopici che rappresentano circa il 40% della biomassa marina mondiale.
Al QUT ricordano che «Lo zooplancton è il collegamento principale tra il fitoplancton, che converte la luce solare e le sostanze nutritive in energia come fanno le piante sulla terraferma, e i pesci. Lo zooplancton include gruppi come il krill antartico, una delle principali fonti di cibo per le balene, e persino le meduse».
Heneghan sottolinea che «Nonostante la loro abbondanza, diversità e importanza fondamentale nel trasferimento di energia dal fitoplancton ai pesci, la conoscenza di ciò che modella la composizione delle comunità di zooplancton negli oceani del mondo è relativamente limitata. Questo è un problema, poiché se lo zooplancton è influenzato dai cambiamenti climatici, ciò potrebbe avere importanti implicazioni per la capacità dell’oceano di sequestrare le emissioni di carbonio e per la produttività della pesca».
Per esaminare l’impatto del cambiamento climatico sui principali gruppi di zooplancton, il team di ricerca ha utilizzato un global marine ecosystem model ed Heneghan., dallo zooplancton unicellulare, al krill e fino alle meduse. Spiega ancora: «Abbiamo utilizzato il modello per proiettare i cambiamenti nella comunità dello zooplancton in risposta ai cambiamenti climatici e, quindi, valutare come questi cambiamenti potrebbero influenzare la qualità della dieta dei piccoli pesci, i principali predatori dello zooplancton oltre allo zooplancton stesso. Abbiamo scoperto che il futuro cambiamento climatico porterà a cambiamenti nella composizione delle comunità di zooplancton nella maggior parte degli oceani del mondo. Questi cambiamenti saranno causati principalmente dalla diminuzione delle dimensioni del fitoplancton a causa dei cambiamenti climatici».
I ricercatori hanno scoperto che le comunità di zooplancton del futuro saranno sempre più dominate da gruppi carnivori, come i chetognati, e gruppi gelatinosi, come salpe e larve, a scapito di piccoli crostacei onnivori come krill e copepodi.
Heneghan evidenzia che «Negli oceani, l’energia viene trasferita dal plancton microscopico fino ai pesci e alle balene mediante predazione basata sulle dimensioni: cose grandi che mangiano cose piccole». Così come le balenottere azzurre, che mangiano il krill, le salpe gelatinose e i larvacei mangiano prede milioni di volte più piccole di loro, il che significa che a differenza di altri zooplancton più grandi mangiati dai pesci, possono accedere direttamente al fitoplancton più piccolo per cibarsene. Quindi, salpe e larve rappresentano un’efficace scorciatoia per il trasferimento di energia dal piccolo fitoplancton sempre più dominante ai pesci. Ma Heneghan avverte che «Questa scorciatoia compensa parzialmente l’aumento del numero di passaggi dal fitoplancton al pesce dovuta ala riduzione del fitoplancton e all’aumento dello zooplancton carnivoro. Ma ha un costo: questi gruppi sono gelatinosi, con circa il 5% del carbonio contenuto nello zooplancton onnivoro come krill e copepodi. In termini di nutrizione, sarebbe come sostituire una costata di manzo con una scodella di gelatina. Di conseguenza, il nostro modello prevede che la qualità della dieta dei piccoli pesci potrebbe diminuire in vaste aree degli oceani del mondo, il che aggraverebbe fino al 10% il declino della biomassa dei pesci a causa dei cambiamenti climatici».
Heneghan ricorda che il passaggio a diete dei pesci più gelatinose era già stato osservato durante una recente ondata di caldo marino nel Pacifico settentrionale, comunemente chiamata “il Blob”: «Le temperature più elevate hanno determinato un calo della produzione di fitoplancton, che a sua volta ha determinato una diminuzione della prevalenza del krill denso di carbonio, che è stato sostituito dallo zooplancton gelatinoso. Di conseguenza, i piccoli pesci della regione sono passati a diete più gelatinose, il che ha determinato il calo del loro peso e della loro abbondanza. I risultati del nostro modello indicano che il passaggio a diete più gelatinose per i piccoli pesci potrebbe diventare più comune in futuro a causa del riscaldamento degli oceani».
Ed è una cosa che ci riguarda come esseri umani: «Per le società umane – conclude Heneghan – questo ciò potrebbe avere implicazioni di vasta portata a livello globale, poiché secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, la pesca è un servizio ecosistemico chiave del valore di 150 miliardi di dollari all’anno e fornisce oltre il 20% delle proteine animali alimentari per 3,3 miliardi di persone e per sostenere direttamengte i mezzi di sussistenza di 60 milioni di persone».
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