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Il Governo conservatore e arretrato frena innovazione e rinnovabili e punta sulle fonti fossili

A fronte della catastrofe emiliano-romagnola, a cui potrebbero seguirne – purtroppo – altre, anche in ragione della posizione geografica della nostra penisola, protesa verso un’Africa surriscaldata dal cambiamento del clima e contornata da mari che richiamano precipitazioni e tempeste violente.

E’ stupefacente l’ordine di priorità che i governi hanno dato alla “lotta” al cambiamento climatico: priorità al sistema energetico fossile, al consumo di suolo, al gruviera di nuove infrastrutture e a questo si aggiunge lo stretto rapporto con guerre, anzitutto in Ucraina, cui forniamo armi sempre più moderne e sofisticate.

L’uso delle risorse è squilibrato, al punto che l’Ue ha messo in campo una sorta di PNRR delle armi, e orientato a conservare le condizioni che hanno portato alla crisi climatica attuale.

Il bilancio delle politiche per l’ambiente del Ministro e del Governo è sconfortante, anzi è protagonista di una vera e propria restaurazione conservatrice, continua a nominare commissari tanto impotenti quanto incapaci di risolvere i problemi e di questo mena un vanto imbarazzante.

E’ del tutto ragionevole che dal momento che si sta discutendo di destinare risorse del PNRR ad altri scopi ci sia una riconversione verso obiettivi ambientali come il governo delle acque, ormai indifferibile.

Un indicatore impietoso e visibile è nella distribuzione geografica dell’acqua: tracimante a poche decine di chilometri da bacini ancora in secca, non rincalzata dallo scioglimento di nevi e ghiacciai saccheggiati da inverni miti.

Agricoltura e forniture idriche per uso civile e industriale non hanno certezza di fornitura. Occorre un progetto di cambiamento del sistema di produzione e consumo e la guerra in Ucraina ha sovvertito le priorità e relegato in secondo piano l’ambiente.

Gli investimenti sulle rinnovabili sono sostanzialmente fermi, se si considera che solo la misura del 110 % ha per ora incrementato il fotovoltaico. Non c’è ancora lo sblocco dell’eolico off-shore, malgrado importanti progetti di investimento, ormai finanziati, come a Civitavecchia e nelle isole. Si perde tempo prezioso, non si traggono le conseguenze dagli investimenti innovativi nella produzione di energia da fonti rinnovabili per le attività manifatturiere, ad esempio per l’ex ILVA, unica eccezione l’investimento dell’Enel a Catania nei pannelli solari.

Fotovoltaico, eolico dovrebbero essere gli investimenti più innovativi, invece l’attenzione e i quattrini sono negli investimenti fossili, in particolare nel gas su impulso dell’Eni che parla di rinnovabili ma si impegna su gas e fossile. Di più: Eni ha convinto il governo a farsi dare nuovi fondi del PNRR per l’assurdo progetto di nascondere la CO2 prodotta nel sottosuolo, proprio laddove la tragedia dell’alluvione ha colpito oltre ogni immaginazione.

La strategia di ENI spinge il nostro Paese a violare gli impegni climatici assunti, minando seriamente la transizione ecologica, con obiettivi che non sono in linea con l’accordo di Parigi. La ‘partecipata’ dello stato continua nell’espansione di petrolio e gas e, di fatto, riserva alle rinnovabili un ruolo secondario, ha infatti annunciato di voler incrementare la propria produzione di idrocarburi a 1,9 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno, e di dedicare agli investimenti nelle rinnovabili solo 1,65 miliardi di euro dei 9 di investimenti previsti all’anno nel periodo 2023-2026. Un recente studio pubblicato da Reclaim Finance, ReCommon e Greenpeace ha calcolato che meno del 20% degli investimenti previsti da Eni nei prossimi anni andranno a finanziare progetti di energie rinnovabili, superando del 70% l’impegno a ridurre le emissioni previste dalla IEA

Mentre gli investimenti nelle rinnovabili possono creare posti di lavoro di qualità, produzioni innovative che l’Italia è in grado di fare. Posti di lavoro che potrebbero compensare e sopravanzare le perdite occupazionali in altri settori e, per di più, gli investimenti nelle rinnovabili sono maggiormente nel Sud.

Anche nel settore industriale, ad esempio nell’auto, il governo ha svolto un ruolo di retroguardia, di conservazione, anziché concordare con altri partner europei progetti innovativi si è trovato isolato su posizioni conservatrici. Infatti, le principali case automobilistiche stanno programmando investimenti nelle gigafactory del futuro, dai chip ai nuovi componenti come le batterie, cogliendo le occasioni dei sostegni pubblici.

Mentre in Italia i fondi del PNRR sono ostinatamente indirizzati al vecchio paradigma energetico che devasta il clima.

Anche i progetti per costruire comunità energetiche hanno fondi previsti, ma gli strumenti non sono ancora funzionanti: si continua nella nebbia di provvedimenti incerti o difficilmente applicabili. Il rinvio e il ritardo sembrano essere la regola per le scelte importanti. Risorse senza limiti e con assoluta rapidità sembrano appannaggio solo delle fonti fossili, come nel caso dei rigassificatori e delle navi metaniere, il cui uso non è inserito in un quadro di transizione nel tempo più breve possibile verso le nuove fonti energetiche.

Con un gioco perverso di manipolazione il nucleare esistente viene spacciato per nuovo, malgrado sia costoso e insicuro, come ci ricorda Fukushima, e per di più impone l’uso di materie prime sempre meno disponibili.

Il nucleare è come il ponte sullo stretto: la destra al governo non resiste a riproporlo, incurante delle conseguenze economiche e sociali, dei rischi e dei costi spropositati.

Purtroppo la crisi climatica e la transizione energetica per liberarci dalle fonti fossili non sono oggi il centro del lavoro del governo italiano e per questo occorre che tutte le sensibilità ambientaliste e per la giustizia sociale si uniscano in una iniziativa comune, pronti a ricorrere, se necessario, anche ad un terzo referendum popolare contro il nucleare.

Le associazioni ambientaliste e per la cura della Terra e per la giustizia sociale stanno organizzando per la prima decade di giugno manifestazioni, presidi e occupazioni in tutti i territori e di fronte ai Ministeri responsabili con lo slogan “Scatena le rinnovabili”, perché pale eoliche e pannelli solari possono spezzare le catene dello sviluppo fondato sul fossile.

 

Mario Agostinelli

Alfiero Grandi

Jacopo Ricci

Massimo Serafini

Massimo Scalia (coordinatore scientifico)

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