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Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici riparte dal via

Dopo un’attesa lunga cinque anni, il mai approvato Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) è tornato in una versione parzialmente aggiornata: il nuovo testo è stato appena pubblicato sul sito del ministero dell’Ambiente e sarà ora sottoposto alla consultazione pubblica prevista dalla procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas).

Lo stesso passo era stato compiuto nel 2017, prima che l’intera procedura si arenasse per poi essere riavviata dal dicastero nel marzo 2021. Nel frattempo però la crisi climatica ha continuato a infierire danni pesanti al territorio: l’Italia è già uno dei Paesi più esposti – l’aumento della temperatura rispetto al periodo 1880-1909 è circa +2,5°C, più del doppio del valore medio globale –, con gli eventi meteo estremi che stanno aumentando rapidamente in frequenza e intensità.

Per questo il Pnacc rappresenta «uno strumento di programmazione essenziale per un paese come il nostro, segnato da una grave fragilità idrogeologica. Le recenti tragedie di Ischia e delle Marche – ricorda il ministro Pichetto – hanno ricordato quanto sia assolutamente necessaria in Italia una corretta gestione del territorio e la realizzazione di quelle opere di adattamento per rendere le nostre città, le campagne e le zone montuose, le aree interne e quelle costiere più resilienti ai cambiamenti climatici».

L’obiettivo del Piano è adesso quello di fornire un quadro di indirizzo nazionale per implementare azioni volte a ridurre al minimo i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, migliorare la capacità di adattamento dei sistemi naturali, sociali ed economici, nonché trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche.

Partendo da una chiara consapevolezza del problema che abbiamo di fronte: il Pnacc si apre affermando che «i cambiamenti climatici rappresentano e rappresenteranno in futuro una delle sfide più rilevanti da affrontare a livello globale ed anche nel territorio italiano. L’Italia si trova nel cosiddetto “hot spot mediterraneo”, un’area identificata come particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici».

Per questo il Pnacc indaga gli impatti della crisi climatica su molteplici dimensioni: dalla criosfera alle risorse idriche, dalla desertificazione al dissesto geo e idrologico, dagli ecosistemi alla salute, agli impatti sulle varie forme di attività economica (agricoltura, pesca, energia, trasporti, industrie).

Concretamente, gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici «sono riconducibili a modifiche del ciclo idrologico e al conseguente aumento dei rischi che ne derivano». Qualche esempio?

Il Pnacc riporta che i ghiacciai hanno già perso dal 30 al 40% del loro volume; nel 2022 le anomalie precipitative sono state superiori a -40% rispetto al periodo 1991-2020; per il settore dei trasporti si stima che l’attuale impatto economico diretto associato agli eventi climatici estremi (0,15 miliardi di euro all’anno) potrebbe aumentare del 1900% circa entro il 2040-2070; le rese agricole sono date in calo dai 12,5 ai 30 miliardi di euro al 2050 in base agli scenari climatici; con +2°C le perdite del settore turismo sono stimate in -17 mld di euro che diventano -52 mld di euro in caso di +4°C (in quest’ultimo scenario, ad esempio, solo il 18% di tutte le stazioni sciistiche operanti lungo l’arco alpino avrebbero una copertura nevosa naturale idonea a garantire la stagione invernale).

Di fronte a questi dati, la prima urgenza per il Paese resta quella di mitigare la crisi climatica in corso, diminuendo le emissioni di gas serra (che stanno invece crescendo, peggiorando il trend di decarbonizzazione). Parte della crisi climatica che abbiamo innescato resterà comunque irreversibile, da qui l’esigenza di un’urgente azione di adattamento lungo lo Stivale.

Di fatto, la pubblicazione del Pnacc rappresenta però solo un primissimo passo in questa direzione: «Esaminate le osservazioni e conclusa la procedura di Vas – spiegano dal ministero –, il testo andrà all’approvazione definitiva con decreto del Ministro. Si procederà poi all’insediamento dell’Osservatorio nazionale, che dovrà garantire l’immediata operatività del Piano attraverso l’individuazione delle azioni di adattamento nei diversi settori. L’Osservatorio definirà le priorità, individuerà i soggetti interessati e le fonti di finanziamento, oltre che le misure per rimuovere gli ostacoli all’adattamento. I risultati di questa attività potranno convergere in piani settoriali o intersettoriali, nei quali saranno delineati gli interventi da attuare».

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