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Il rigassificatore al largo di Livorno potrebbe restare fino al 2048. Olt: «Stiamo valutando»

Per un rigassificatore dato presto in partenza dalle coste della Toscana – la Golar Tundra ormeggiata nel porto di Piombino, attesa tra tre anni in Liguria –, un altro potrebbe restare qui per un quarto di secolo ancora.

L’annuncio è arrivato nella cornice del museo dell’Ara Pacis di Roma, dove si è svolta l’edizione 2023 dell’Italian Lng summit, organizzato – col patrocinio tra gli altri del ministero dell’Ambiente – da Olt offshore Lng Toscana, ovvero la società controllata da Snam e Igneo infrastructure partners che detiene proprietà e gestione del rigassificatore Fsru Toscana, in attività da 10 anni a largo di Livorno.

È stato direttamente l’ad di Olt, Giovanni Giorgi, a spiegare che «stiamo valutando l’opportunità di estendere la vita del nostro rigassificatore oltre la scadenza ventennale del 2033, per altri 10-15 anni, a fronte di un naturale revamping dell’impianto».

In questo caso il rigassificatore Olt resterebbe in funzione fino al 2048, ovvero a due anni appena dall’obiettivo di neutralità climatica individuato a livello europeo per il 2050; a dirla tutta, secondo la comunità scientifica l’Ue dovrebbe ridurre le proprie emissioni del 90-95% già entro il 2040, per evitare cambiamenti climatici disastrosi quanto irreversibili (già oggi l’Europa è il continente che si sta riscaldando più velocemente al mondo, con gli Stati Ue secondi solo agli Usa per responsabilità storica della crisi climatica in corso).

Eppure all’Italian Lng summit l’accento è stato posto più sull’opportunità di massimizzare il consumo di un combustibile fossile come il gas naturale liquefatto, piuttosto che sulla necessità di impiegarne il minimo indispensabile, per un numero di anni limitato alla transizione verso le rinnovabili.

«In termini generali – riporta la nota stampa sull’evento – la parola d’ordine emersa con decisione tanto da parte dal fronte internazionale quanto da quello nazionale, lato imprese e associazioni, è stata “sovraccapacità”. Una capacità di gas naturale liquefatto, superiore anche al fabbisogno interno non deve preoccupare, dobbiamo essere in grado di gestire la sovraccapacità di Gnl».

Un punto che è stato sottolineato con forza anche dal presidente di Olt, Elio Ruggeri: «Fino ad oggi l’Italia e l’Europa rappresentavano un mercato cosiddetto di ‘ultima istanza’. In sintesi, il Vecchio continente acquistava ciò che avanzava dal mercato asiatico. In questa fase storica e nel prossimo futuro, diminuirà l’apporto del gas russo e non sarà più possibile contare su altre fonti fossili come il carbone. L’Europa dovrà essere in grado di intercettare il gas che farà rotta verso l’Asia. Nel 2022, il gap di Gnl è costato oltre 10 miliardi di euro; ora il costo a MWh è passato da 300 a 30 euro, ma rimane comunque alto. La sovraccapacità è un elemento di sicurezza del sistema, i rigassificatori dovranno essere flessibili e competitivi».

Si tratta di un ribaltamento di prospettiva completo rispetto a quello che, almeno formalmente, ha portato l’Italia a investire su due nuovi rigassificatori (uno a Piombino, l’altro a Ravenna) per contrastare il caro energia dettato dalla ripresa economica post-Covid e dalla guerra in Ucraina. Ovvero la soluzione temporanea, a fronte di un’emergenza, adesso sembra diventare strutturale.

Anche perché, nel mentre, i nuovi rigassificatori vengono autorizzati molto più rapidamente dei nuovi impianti rinnovabili: nell’ultimo anno le fonti pulite in Italia hanno conquistato appena +3,4 GW, contro gli almeno 10 richiesti annualmente dai target Ue.

Il terminale Olt, che ha una capacità di rigassificazione massima autorizzata pari a 5 lmd di Sm3 annui – pari al 7% circa del fabbisogno nazionale – lavora invece al 100% della capacità e sono stati già allocati tutti gli slot di rigassificazione fino al 2027. In questo contesto, pensare già nel 2023 di allungare la vita del rigassificatore Olt al 2048, più che un piano d’emergenza sembra una rinuncia in partenza alla transizione ecologica.

«È fondamentale essere ambiziosi nei piani futuri e concentrarsi sulle rinnovabili, ma è altrettanto importante prepararsi a scenari in cui questi target non si riescano a raggiungere – osserva nel merito Massimo Derchi, dirigente Snam intervenuto al summit romano – Dobbiamo essere pronti a scenari di resilienza. La sicurezza energetica non può essere subordinata alla competitività e alla transizione».

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