I Pfas sono di composti poli e perfluoroalchilici, noti come “inquinanti eterni” e presenti ormai praticamente ovunque: sono infatti sostanze chimiche di sintesi utilizzate in un’ampia varietà di applicazioni di uso comune grazie alle loro proprietà idro- e oleo-repellenti oltre che ignifughe, dai rivestimenti delle scatole dei fast food e delle pentole antiaderenti, alle schiume antincendio.
Nel caso toscano l’indagine di Greenpeace ha però messo in particolare sotto accusa il ruolo di alcuni distretti industriali: cartario, tessile, florovivaistico, conciario e del cuoio.
«A questo proposito Assocarta tiene a sottolineare che l’industria cartaria italiana, e in particolare quella della regione Toscana che vede la presenza del primo distretto industriale europeo, quello lucchese, lavora e investe costantemente nel ridurre l’impatto ambientale della produzione cartaria. I nostri risultati sono riassunti nel Rapporto ambientale di Assocarta condotto, ormai da qualche anno, insieme a Legambiente», commenta il dg di Assocarta Massimo Medugno.
In particolare, Assocarta insieme a Confindustria Toscana nord mirano a sottolineare come i Pfas non siano impiegate per la produzione di carte per uso igienico e sanitario, come invece è stato riportato in alcuni articoli stampa.
I Pfas sono infatti sostanze utilizzate per rendere impermeabili i materiali, pertanto fornirebbero una prestazione al prodotto del tutto opposta a quella che è invece richiesta a questo tipo di carte.
«Le imprese lucchesi del tissue e del cartone non utilizzano sostanze vietate dalle norme in vigore – aggiunge Tiziano Pieretti, presidente della sezione Carta e cartotecnica di Confindustria Toscana nord oltre che vicepresidente di Assocarta – Questo vale anche nel caso di quei composti di fluoro di cui fanno parte i Pfas; anzi, sostanze affini agli Pfas non vietate ma sulle quali gravano dei dubbi sono state anch’esse escluse da molte aziende».
Questo ovviamente non significa che l’inquinamento da Pfas rilevato da Greenpeace nei corsi d’acqua toscani non sia presente, data l’ubiquità ormai accertata di questi inquinanti. L’associazione ambientalista chiede non a caso una legge nazionale che ne vieti l’utilizzo, una richiesta che non sembra incontrare resistenze nel mondo cartario.
«Il problema Pfas è ben noto e monitorato, perché la presenza di queste sostanze viene effettivamente rilevata nella nostra zona, così come in moltissime altre aree toscane e italiane – argomenta Pieretti – Ma si tratta di generico inquinamento ambientale, in particolare dell’acqua, che non ha nulla a che vedere con l’immissione di queste sostanze nel ciclo produttivo del cartario: cosa che, ripeto, non avviene. Come in altri casi, vi sono state progressive restrizioni, alle quali le imprese si sono immediatamente adeguate, per l’uso di questa classe di sostanze: restrizioni che è possibile si accentuino ancora, come è avvenuto in alcuni paesi, a seguito di studi e approfondimenti sul loro impatto sull’ambiente e la salute. È nel pieno interesse delle imprese che su questi temi ci sia una regolamentazione chiara e univoca, che consenta loro di operare in tranquillità, usando prodotti scientificamente riconosciuti come innocui. Pertanto il mio auspicio, anche come cittadino oltre che come imprenditore, è che se altre sostanze, oggi ammesse, devono essere vietate che lo siano rapidamente».
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