
Il risultato è sintetizzabile in tre problemi: acidificazione, impoverimento di ossigeno, di sostanze nutrienti e di microrganismi planctonici alla base delle catene alimentari.
«Il Mar Mediterraneo è stato identificato da diversi studi come un hotspot del cambiamento climatico, cioè – spiega Marco Reale, coautore dell’articolo – un’area dove gli effetti dei cambiamenti del clima globale avranno un impatto particolarmente rilevante. Simulazioni climatiche già effettuate in diversi studi hanno previsto un riscaldamento globale delle masse d’acqua e significative variazioni della circolazione del bacino. Noi ci siamo chiesti come risponderanno gli ecosistemi marini e abbiamo cercato di dare una risposta a questo quesito attraverso delle simulazioni numeriche».
In particolare, il gruppo di ricerca ha analizzato la risposta degli ecosistemi marini del Mediterraneo a due diversi scenari di emissione di CO2.
Lo scenario peggiore simula una crescita ininterrotta di concentrazione di CO2 nell’atmosfera fino ad arrivare a 1200 ppm (parti per milione) a fine secolo. Quello più ottimistico prevede un taglio di emissioni e quindi una stabilizzazione della CO2 atmosferica intorno a circa 500 ppm.
«Le due simulazioni climatiche confermano ed espandono i risultati già prodotti negli anni scorsi dal gruppo di modellistica dei sistemi marini di Ogs, e prospettano un Mediterraneo che diventerà più caldo e caratterizzato da un calo generale del contenuto di nutrienti e ossigeno negli strati superficiali e intermedi del bacino – argomenta Reale – Inoltre, a causa dell’assorbimento di CO2 dall’atmosfera, la colonna d’acqua diventerà più acida, in linea con le proiezioni su scala globale. I cambiamenti previsti saranno più intensi nello scenario di emissione peggiore e nella parte orientale del bacino, meno influenzata dagli scambi d’acqua allo stretto di Gibilterra. Nello scenario più ottimistico, alcune variabili dell’ecosistema marino mostreranno invece una tendenza per la seconda metà del secolo a recuperare lo stato che avevano all’inizio del 21° secolo».
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