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La Russia potrebbe lasciare l’Arctic Council

Alla 13esima riunione dell’Arcitc Council svoltasi a Salekhard, nella Federazione Russa, i rappresentanti degli 8 Stati artici (Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Federazione Russa, Svezia e Usa)  e dei 6 partecipanti indigeni permanenti (Aleut International Association, Arctic Athabaskan Council, Gwich’in Council International, Inuit Circumpolar Council, Russian Associationof Indigenous People of the North, Saami Council) si sono riuniti per concludere il biennio di Presidenza russa e segnare l’inizio della Presidenza norvegese per i prossimi due anni ( 2023-2025).

Con l’occasione hanno approvato una dichiarazione nella quale  riconoscono il ruolo storico e unico del Consiglio artico per la cooperazione costruttiva, la stabilità e il dialogo tra i popoli della regione artica:  «1. Riconosciamo il ruolo storico e unico del Consiglio artico per la cooperazione costruttiva, la stabilità e il dialogo tra i popoli della regione artica; 2. Riconosciamo l’impegno a lavorare per salvaguardare e rafforzare il Consiglio artico; 3. Riconosciamo i diritti delle popolazioni indigene artiche e il ruolo unico dei partecipanti permanenti all’Arctic Council, il loro rapporto speciale con l’Artico e l’importanza della cooperazione transfrontaliera e tra i popoli nella regione; 4. Riconosciamo il prezioso lavoro svolto dall’Arctic Council dall’ultima riunione ministeriale, con particolare attenzione ai progressi compiuti nella definizione delle mod’ità di attuazione del Piano strategico (2021-2030); 5. Riconosciamo che i piani di lavoro delineati nella Arctic Council Senior Arctic Officials’ Report to Ministers adottata a Reykjavik nel maggio 2021 insieme alla Reykjavik Ministerial Declaration e all’Arctic Council Strategic Plan (2021 – 2030), costituiranno la base per il proseguimento delle attività del Consiglio per il 2023-2025; 6. Estendiamo il piano di lavoro 2022-2023 del Segretariato del Consiglio artico, compreso il piano di lavoro dell’Arctic Council Secretariat, incluso l’Indigenous Peoples’ Secretariat work plan, per il periodo 2024-2025. Approviamo i bilanci del dell’Arctic Council Secretariat, incluso l’Indigenous Peoples’ Secretariat per il periodo 2024-2025; 7. Prendiamo atto della conclusione della seconda Presidenza del Consiglio Artico da parte della Federazione Russa e accettiamo l’offerta della Norvegia di presiedere il Consiglio nel 2023-2025 e la sua offerta di ospitare la quattordicesima riunione nel 2025».

Una dichiarazione “neutra” che evitava di parlare di temi indigesti per Mosca come il cambiamento climatico, le risorse energetiche e l’inquinamento, le rivendicazioni territoriali e la pesca e sembrava che tutto fosse andato bene nonostante ormai, con l’ingresso di Finlandia e Svezia –  7 Stati dell’Arctic Council siano nella NATO e sostengano l’Ucraina contro la Russia. Ma la tregua artica è durata pochissimo:  Nikolay Korchunov, ambasciatore generale e alto rappresentante della Russia nell’Arctic Council ha annunciato che «La Russia potrebbe porre fine alla sua adesione all’Arctic Council se gli Stati membri occidentali la discriminassero. Il ruolo e l’efficacia del gruppo sono diminuiti negli ultimi tempi a causa delle politiche perseguite dalle potenze occidentali».

Intervistato ieri dall’agenzia di stampa russa TASS, Korchunov ha avvertito che «Se la Norvegia, diventata presidente del Consiglio giovedì, scegliesse di non invitare la Russia a prendere parte alle sue attività, questo costituirebbe una violazione dei diritti della Russia. In questo caso, difficilmente sarà possibile continuare la partecipazione del nostro Paese alle attività di questa organizzazione».

Mosca accusa tra l’altro la Norvegia di aver collaborato con un commando statunitense per organizzare il sabotaggio che ha fatto saltare i gasdotti North Stream  e ricorda che «Dopo l’inizio della campagna militare della Russia contro l’Ucraina lo scorso febbraio, gli altri membri dell’organismo intergovernativo, che comprende Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Svezia e Stati Uniti, hanno di fatto interrotto ogni contatto con Mosca e congelato oltre un centinaio di progetti congiunti».

Korchunov ha sottolineato che «La crescente insistenza dei paesi occidentali sullo scontro e il perseguimento dei propri interessi a scapito degli interessi di altre nazioni nell’Artico potrebbe potenzialmente portare a un’escalation». E ha citato esplicitamente «L’espansione della NATO nella regione, che ha visto di recente sempre più esercitazioni militari».

Intervistato all’inizio di aprile dalla putiniana Russian Television – RT, il ministro russo responsabile per lo sviluppo dell’Artico, Aleksey Chekunkov, si era lamentato perché «Le azioni unilaterali ostili da parte degli altri membri dell’Arctic Council e la mancanza di cooperazione potrebbero destabilizzare l’Artico e portare al caos».

Poi, nonostante sia stata proprio la Russia a presiedere l’Arctic Council nell’ultimo biennio, ha denunciato «L’indebolimento del ruolo e la diminuzione dell’efficacia del Consiglio» e fatto balenare un’alternativa: «La Russia si sta impegnando in un dialogo attivo in vari format con altri Paesi e organizzazioni Mosca lavorerà con partner costruttivi».

A molti è venuta subito in mente la Cina e infatti Korchunov ha rivelato che  Mosca punta a «Inserire le questioni relative all’Artico nell’agenda di altre entità internazionali», e che questa possibilità avrebbe suscitato l’interesse dei BRICS (Brasile, India, Cina, Sudafrica e la stessa Russia)  e della Shanghai Cooperation Organization (SCO, formata da  Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan).

Concludendo, Korchunov  ha ricordato quale sia una delle principali poste in gioco: «Tra le priorità della Russia nella regione c’è lo sviluppo delle rotte marittime settentrionali che collegano le potenze economiche asiatiche con i mercati europei».

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