In questi ultimi anni in diverse aree portuali, anche per le proteste sempre più diffuse da parte di abitanti e movimenti ambientalisti, sembra finalmente avviata una riconversione ambientale che punterebbe alla drastica riduzione delle emissioni, in alcuni casi utilizzando le nuove tecnologie per aumentare pure la competitività economica.
Particolarmente attivi in questa riconversione energetico/ambientale sembrano essere soprattutto i porti con i maggiori volumi di traffico, Rotterdam, Anversa e Amburgo (che da soli rappresentano il 47% del traffico container europei), porti tra l’altro già attrezzati per l’attracco di giganti come le portacontainer da 14.000 Teu e oltre (vicino ai 400 m di lunghezza), che in genere sono già pronte per l’alimentazione elettrica dalle banchine e non hanno bisogno di riconversioni/ammodernamenti.
In ogni caso la riconversione energetica e ambientale di questi 3 porti punta contemporaneamente a tre diverse tipologie di interventi, coi relativi investimenti finanziari e tecnologici:
- L’elettrificazione delle banchine, per alimentare le navi in sosta con energia elettrica;
- L’autoproduzione con le fonti rinnovabili nel porto di gran parte dell’energia elettrica consumata (sopratutto eolica, poi fotovoltaica, ecc) e fornita in banchina;
- La produzione di idrogeno (e ammoniaca verde) prodotti con energia eolica
È dunque di grande interesse osservare da vicino in cosa consistono in concreto i programmi ambientali ed energetici dei tre porti leader in Europa.
Rotterdam
Il ceo dell’Autorità portuale locale spiega di puntare alla «fornitura di energia elettrica a terra per le navi in tutti gli ormeggi pubblici nella nostra area portuale», e così ridurre i costi, mentre van der Schans, direttore della Gestione ambientale, afferma che «nel porto di Rotterdam abbiamo circa 300 MW di energia eolica, e questo è circa il massimo che possiamo fare nel porto (vista l’elevata antropizzazione dell’area, ndr). Ma prevediamo di importare poi direttamente dal Mare del Nord circa 3e o 4 ulteriori GW (da eolico offshore, ndr) entro il 2030».
Anvers-Zeebrugge
Nel vicino Belgio, dove i porti di Anversa (specializzato nei container, nel breakbulk e nei prodotti chimici) e Zeebrugge (nel Ro-Ro e nel gas naturale liquefatto) sono complementari, si uniscono per puntare ad una transizione energetica e diventare uno hub europeo dell’energia verde, con la riconversione che punta all’economia dell’idrogeno essendo già oggi Anversa secondo polo petrolchimico più grande al mondo, che mira con Zeebrugge a ricevere entro il 2028 le prime molecole d’idrogeno verde sulla sua piattaforma e così espandere la capacità del terminal per i vettori di idrogeno esistenti e crearne di nuovi in entrambi i siti portuali, che saranno uniti da un gasdotto, collegato alla rete europea».
Per “alimentare” questa riconversione energetica, già da anni sono operative 130 grandi turbine eoliche per una potenza di 370 MW, di proprietà pubblica come per l’impianto Wind aan de Stroom (W@S) su terreni di proprietà dell’Autorità portuale di Anversa e della (società pubblica) Left Scheldt bank company. Si tratta già dell’impianto eolico più grande nel Belgio ma sono già previsti ulteriori ampliamenti, mentre le turbine più vecchie, con oltre 20 anni, vengono sostituite con quelle recenti, più grandi e più efficienti che producono quasi tre volte tanto.
Per quanto riguarda invece l’idrogeno verde (e l’ammoniaca), sono in costruzione un impianto HyoffWind a Zeebrugge e uno ad Anversa: quello di Zeebrugge dal 2025 produrrà 35 t/giorno di idrogeno verde per il mercato europeo, ma l’Autorità portuale punta insieme ad un gruppo di aziende punta anche ad importare entro il 2027 grandi volumi di idrogeno verde da Oman, Namibia e Cile, installando le infrastrutture necessarie e imponendo già ora le norme di sicurezza necessarie perché le navi possano navigare con combustibili verdi senza ostacoli.
Amburgo
Dal 2020 Amburgo ha avviato interventi per migliorare la qualità dell’aria, col porto attore fondamentale per raggiungere l’obiettivo: le emissioni inquinanti e di rumore possono essere drasticamente ridotte grazie al cold ironing (Ops).
I tre terminal container e tutti i terminal crociere, per un totale di 11 banchine, sono previste in funzione entro il 2025 col cold ironing (Ops), grazie ad un progetto congiunto con il fornitore locale di rete elettrica (Stromnetz Hamburg GmbH) e il suo fornitore di elettricità municipale (Hamburg Energie GmbH).
Il consorzio punta ad un prezzo per kilowattora competitivo col costo che hanno oggi le compagnie di navigazione utilizzando i motori di bordo. Non a caso sempre più aziende private del porto di Amburgo installano proprie turbine eoliche per autoprodursi l’energia che consumano, vista la netta convenienza economica. I progetti energetici di Amburgo dimostrano che le rinnovabili, sopratutto l’eolico, nei porti sono infatti economicamente molto competitive e convenienti.
L’aumento dei prezzi energetici, inquinamento nelle città e cambiamento climatico obbligano tutti alla innovazione energetica e ambientale: i 2/3 del consumo energetico del terminal di Amburgo sono già soddisfatti attraverso la cogenerazione, l’energia solare e l’energia eolica, prodotta nell’area portuale come nel caso delle turbine eoliche di “Hamburg Energie”, una impresa municipale attiva dal 2009 come servizio pubblico per fornire elettricità verde al 100% prodotta in loco.
Non mancano poi (anche ad Amburgo) gli investimenti avviati (da parte di Eon di Hamburg-Reitbrook), per produrre idrogeno dall’energia eolica in eccesso nel processo power-to-gas, utilizzando un cosiddetto elettrolizzatore Pem.
Ma che possibilità ci sono per avviare anche in Italia queste riconversioni energetiche e ambientali dei porti?. Al di là del cold ironing, positivamente finanziato con 700 milioni di euro dal Pnrr, c’è il deserto: salvo poche centinaia di kw fotovoltaici,non si parla neppure di produzione di energia eolica nei porti italiani. Per non parlare dei poli petrolchimici, quasi sempre in aree portuali, che purtroppo non sembrano interessati a riconvertirsi verso l’idrogeno da fonte rinnovabile, con la conseguente perdita di prospettive per lo sviluppo sostenibile dei porti.
I costi che hanno le navi per prodursi energia elettrica in porto sono oggi di circa 0,11 €/KWh per portacontainer e crociere, e di 0,14 €/KWh per Ro-Ro e Ro- Pax; diventano di circa 0,15 €/KWh se l’energia viene dalla rete elettrica nazionale (quindi per il 60% circa prodotta con combustibili fossili), e arriva a circa 0,18 €/KWh se è formalmente energia verde (fonte: Deasp Autorità portuale Alto tirreno), fatta cioè di kWh con un “virtuale timbro verde” legato ad un kWh generato anche mesi prima, per esempio dal vento o dal sole in Portogallo e in realtà consumato laggiù; invece, l costo con l’energia eolica autoprodotta on shore/nei porti si abbasserebbe invece a soli 0,06 €/kWh secondo la Commissione europea.
È allora evidente che senza innovazione e compatibilità ambientale non si va lontano, e in questo caso il futuro rischia di essere – in negativo – sempre meno incerto.
di Lorenzo Partesotti, ambientalista e analista in campo energetico
L’articolo La transizione energetica dei porti: buone pratiche e casi di studio sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.
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