E questo anche se tali motori dovranno comunque utilizzare carburanti “a zero emissioni di carbonio” al posto di diesel, benzina, Gpl o metano.
Mentre il ministro dell’Ambiente italiano continua a rilanciare l’importanza non solo degli e-fuel ma anche dei biocarburanti per questo tipo di mobilità, i ricercatori sottolineano che il problema sta proprio «nell’espressione “carburanti a zero emissioni”. Questi carburanti usano come input l’idrogeno “verde”, che si ottiene scindendo l’acqua per mezzo di elettricità da fonti rinnovabili, o con materie prime come la biomassa. Le tecnologie utilizzate per produrre questi carburanti sono inefficienti, costose e non testate su grande scala. Inoltre, la loro ‘etichetta di neutralità climatica – basata sull’idea che la CO2 emessa dalla combustione sia stata assorbita di recente dalla biosfera, o che quella emessa durante la loro produzione non raggiunga l’atmosfera – sono discutibili».
Al contempo, la capacità di produrre idrogeno verde «è fortemente limitata e qualunque sua espansione dovrebbe essere utilizzata per alimentare settori come l’industria pesante, per i quali non sono ancora disponibili valide alternative di decarbonizzazione. Al tempo stesso, l’uso della biomassa crea incentivi per tagliare alberi e dirotta terreni agricoli verso la coltivazione a scopi energetici, senza considerare le conseguenze sul ruolo dei terreni come riserve di carbonio, o per la biodiversità».
Ecco perché la comunità dei ricercatori sente la responsabilità di spiegare perché questa visione è sbagliata: «C’è una sola tecnologia di comprovata fattibilità, scalabile e tecnologicamente matura per decarbonizzare il trasporto stradale personale. È l’elettrificazione».
Per sostenere davvero l’industria dell’automotive, servono dunque regole chiare in tal senso. «Affinché si realizzi la decarbonizzazione del trasporto su strada, il mondo – conclude nel merito l’editoriale – avrà bisogno di quello che la Global fuel economy initiative, una partnership sul risparmio e l’efficienza dei carburanti, ha definito un “quadro politico radicale”. Significa eliminare i sussidi ai combustibili fossili e mobilitare investimenti pubblici e privati per lo sviluppo di veicoli elettrici e delle relative infrastrutture di ricarica. Significa legare lo sviluppo di queste infrastrutture a sistemi di generazione di energia rinnovabile, garantendo al contempo la sostenibilità delle catene di approvvigionamento e predisponendo sistemi per riciclare i materiali delle batterie. E significa raggiungere un accordo internazionale sugli standard, in modo che l’introduzione di veicoli più puliti in una parte del mondo non si traduca nel mandare i vecchi rottami a inquinare altrove».
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