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Le richieste della finanza etica ai candidati per le elezioni europee

In vista delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno, il gruppo Banca etica – membro fondatore della Federazione europea delle banche etiche e alternative (Febea) – propone a tutti i politici che si candidano al Parlamento europeo un confronto su misure legislative che possano portare la finanza a favorire la pace, la tutela dell’ambiente e la crescita dell’economia sociale.

Per quanto riguarda il primo punto, il movimento della finanza etica chiede che un settore delicato come quello della produzione e commercio di armamenti – che impatta violentemente sui diritti umani e sugli equilibri geopolitici e che è responsabile di oltre il 40% dei fenomeni di corruzione globale – sia sottoposto a regole speciali e rafforzate di trasparenza. In particolare, la richiesta è di escludere gli investimenti da qualsiasi definizione di finanza sostenibile.

«Nel frattempo – aggiungono da Banca etica – in Italia il Governo ha deciso di smantellare la legge 185 del 1990 che regolamenta l’export di armi italiane nel mondo: se le modifiche saranno approvate i cittadini e il Parlamento non avranno più accesso alle informazioni sulle esportazioni di armi e su quali banche finanziano con profitto tali operazioni».

Passando alla tutela dell’ambiente, il punto di partenza è riconoscere che i maggiori 60 gruppi bancari –  spesso gli stessi in prima fila nel magnificare la propria “sostenibilità” – hanno fornito circa 5.500 miliardi di dollari all’industria dei combustibili fossili negli ultimi sette anni. Alcune modifiche normative potrebbero invertire la rotta: rendicontare gli impatti negativi anche dei fondi che non si dichiarano sostenibili, e promuovere criteri vincolanti per chi si voglia dichiarare “net zero”, con obiettivi e tappe verificabili.

Infine, sul fronte dell’economia sociale, la richiesta è smettere di penalizzare le banche impegnate nel sostegno delle organizzazioni e delle imprese impegnate nella promozione dell’inclusione sociale.

Il gruppo Banca etica, a tal proposito, propone di «cambiare i requisiti di assorbimento patrimoniale: molte realtà dell’economia sociale sono ingiustamente classificate in automatico come ad alto rischio e per questo sottoposte a un assorbimento di capitale del 100%».

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