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Legge Bilancio 2024, Legambiente: sottovalutate la crisi climatica e la transizione ecologica ed energetica

Dopo lo scontato sì della Camera a una legge di Bilancio blindata. Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, sottolinea che quanto approvato «Conferma l’incomprensibile sottovalutazione da parte del Governo Meloni della lotta alla crisi climatica e la mancanza di coraggio e di risposte concrete rispetto alla velocizzazione della transizione ecologica ed energetica di cui il Paese ha bisogno. In particolare, in questa manovra non solo si depotenzia il funzionamento del Fondo Italiano per il Clima togliendo la garanzia della Cassa Depositi e Prestiti e riprogrammando le risorse pari a 840 milioni di euro spostandole al 2027, ma non viene neanche previsto nessun finanziamento per le azioni prioritarie di adattamento al cambiamento climatico, in previsione dell’approvazione definitiva del Piano, come la delocalizzazione degli edifici residenziali e delle attività produttive costruiti in aree a rischio. Anche in questa legge di bilancio è mancato il coraggio di attingere a quel giacimento di risorse pubbliche costituito da alcuni sussidi ambientalmente dannosi, eliminabili subito, che poteva già essere usato per accelerare la transizione ecologica».

Legambiente ha individuato ben 122 diverse voci di sussidi alle fossili per complessivi 94,8 miliardi di euro, compresi quelli previsti per l’emergenza energetica ed economica, prima e dopo l’aggressione militare russa in Ucraina, di cui circa 18,8 miliardi potevano essere recuperati già nel biennio 2024-2025. Ciafani fa notare che si tratta di «Un tesoretto importante che avrebbe potuto far camminare più velocemente il processo di decarbonizzazione del Paese, trasformando alcuni sussidi in incentivi all’innovazione tecnologica. E’ il caso degli incentivi alle caldaie che nel 2021 sono stati pari a 3,2 miliardi di euro, che invece avremmo dovuto destinare all’acquisto delle pompe di calore per elettrificare il riscaldamento degli edifici e ridurre i consumi e le importazioni di gas fossile. L’unica grande opera su cui il Governo Meloni sta spingendo inutilmente l’acceleratore, spacciandola come prioritaria per il Paese, è il Ponte sullo Stretto di Messina a cui destina nel 2024 780 milioni, sottraendo preziose risorse destinate alle vere priorità sulla mobilità sostenibile del Sud Italia e dell’intero Paese, e in assenza di un progetto definitivo approvato e senza una valutazione sulla fattibilità tecnica ed economica».

E legambiente denuncia che «In questa manovra si pone un ulteriore ostacolo alla realizzazione di impianti a fonti pulite, con la tassazione per i diritti di superficie per gli impianti, grandi e piccoli. Un onere che rappresenta un costo ulteriore per progetti che dovrebbero essere considerati strategici e un rischio per uno degli strumenti di aiuto sociale come le comunità energetiche rinnovabili. Per un impianto da 1 MW, infatti, queste potrebbero essere costrette a pagare 10mila euro di oneri, dicendo addio ai vantaggi economici e sociali previsti. Il tutto per un incasso di appena 200 milioni di euro, quando solo eliminando i sussidi ambientalmente dannosi legati all’esonero del pagamento di royalties, adeguando le stesse cifre più in linea con lo sfruttamento di risorse minerarie e adeguando i diversi canoni, lo Stato incasserebbe, secondo le stime di Legambiente, almeno 500 milioni di euro. Una tassa, quindi, incomprensibile».

Ciafani ricorda al governo Meloni che «I prossimi anni saranno decisivi per diminuire l’inquinamento e le emissioni climalteranti, aumentare l’indipendenza energetica del nostro paese con il risparmio, l’efficienza energetica, la decarbonizzazione dei settori produttivi e dei trasporti, la produzione di energia da fonti rinnovabili. Eppure, il governo Meloni sembra andare nella direzione opposta con il progetto di fare dell’Italia un hub del gas invece che delle rinnovabili. Non dimentichiamo che l’Italia è in forte ritardo sui principali obiettivi dell’Agenda Onu al 2030 e della Strategia della Ue su clima, agricoltura e biodiversità. La tutela dell’ambiente, come ha ricordato più volte il Presidente della Repubblica Mattarella in questo 2023 segnato da una crisi climatica che ha accelerato il passo, è centrale per la sopravvivenza e il progresso di tante parti d’Italia e dell’intero Paese. L’ambiente dovrebbe essere dunque una bussola importante da mettere al centro delle politiche, ma ciò non è stato preso in considerazione neanche in questa manovra».

Il Cigno Verde critica anche «L’ulteriore rinvio della cosiddetta Plastic tax e la mancanza di una politica di riqualificazione del patrimonio edilizio che necessita urgentemente di una vera e propria riforma fatta di misure strutturali e incentivi, accessibili in primis alle famiglie con minori possibilità economiche, per permettere non solo di migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, ma anche di ridurre i costi in bolletta, creare nuovi posti di lavoro e innovare il settore. Il Governo, invece, decide di tassare le plusvalenze per gli immobili su ci si è intervenuti attraverso il superbonus, e che naturalmente hanno un maggior valore economico, che saranno venduti nei prossimi 10 anni».

Infine, l’associazione ambientalista, infine, indica oggi al Governo Meloni le priorità ambientali da mettere al centro della agenda politica 2024: «Primo fra tutti l’approvazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici stanziando anche le risorse che servono per attuarlo. Per accelerare il passo della transizione ecologica occorre, tra i vari punti da mettere in agenda, prevedere lo snellimento dei processi autorizzativi delle varie filiere per la decarbonizzazione, a partire dalle rinnovabili, accelerando la riconversione ecologica del tessuto produttivo, che può garantire milioni di nuovi posti di lavoro. È importante promuovere una nuova stagione di partecipazione e controlli ambientali per prevenire le contestazioni territoriali e i rischi di infiltrazione criminale negli appalti pubblici. Puntare su rigenerazione urbana e riqualificazione edilizia.  Occorre, infine, dare priorità all’approvazione dei seguenti provvedimenti: la legge contro il consumo di suolo, anche per frenare la perdita di biodiversità; la legge contro le agromafie; i decreti attuativi della legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale per la protezione per l’ambiente per rendere più efficaci i controlli; l’inserimento dei delitti contro gli animali nel Codice penale».

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