I nuovi dati del Servizio informativo agrometeorologico siciliano (Sias) documentano «un’anomalia climatica estrema», dato che «dal 1 settembre 2023 le precipitazioni sono state complessivamente per la Sicilia solo la metà dei valori normali, ma vi sono aree della Sicilia orientale dove è caduto meno del 30% di quanto atteso in base al clima». È la crisi climatica che accelera.
«Quello appena concluso, in continuità con gli 11 mesi precedenti, si caratterizzerà come l’aprile più caldo della storia, analogamente a quanto sta succedendo da oltre un anno per i mari – osserva nel merito l’Anbi, l’associazione nazionale che riunisce i Consorzi di bonifica – In questo quadro planetario si colloca l’ormai drammatica situazione idrica della Sicilia, dove sono quasi vuoti i bacini di Disueri, Comunelli e Cimia, in provincia di Caltanissetta».
Negli invasi siciliani mancano complessivamente circa 670 milioni di metri cubi d’acqua (-68%), ma soprattutto si è ben 145 milioni sotto al precedente record negativo, registrato nel siccitoso 2017.
«Di fronte a questa situazione, la risposta non può limitarsi alla dichiarazione dello stato d’emergenza, ma abbisogna di interventi strutturali – dichiara il presidente Anbi, Francesco Vincenzi – La ricetta è sempre la stessa: completamento degli schemi idrici, manutenzione straordinaria degli invasi, ritorno all’ordinaria amministrazione dei Consorzi di bonifica, secondo i principi di autogoverno e sussidiarietà, dopo decenni di malgoverno commissariale».
Se non piove, infatti, limitarsi a prospettare la pur necessaria costruzione di nuovi invasi non basta. IE i dati Sias mostrano che da settembre 2023 il deficit pluviometrico medio sulla regione si aggira sui 300 millimetri, con punte di mm. 350 sulla provincia di Catania: ciò significa che l’apporto d’acqua nei mesi tradizionalmente più piovosi (da settembre ad aprile) è praticamente dimezzato rispetto alla media storica di mm. 620.
«Stanti le attuali condizioni climatiche e con una stagione turistica già avviata – conclude il dg Anbi, Massimo Gargano – diverrà sempre più difficile conciliare le destinazioni idriche per usi potabili ed agricoli con scontate, pesanti conseguenze per il settore primario, eccellenza del made in Italy nel mondo. Lo sconcerto deriva dal periodico ripetersi dell’emergenza in una situazione infrastrutturale, priva delle necessarie scelte politiche».
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