La Relazione registra infatti difficoltà e ritardi a fronte di pochi dati positivi. Sul fronte della decarbonizzazione, se dal 2015 al 2022 le emissioni nette di gas serra calate solo del 4%, prendendo in esame il periodo dal 2019 al 2022 sono addirittura aumentate del 2%.
La riduzione delle emissioni in atto nella prima parte del 2023 – solo per ragioni climatiche e di rallentamento dell’economia – non basta dunque ad allinearci con l’accelerazione richiesta dai target europei. Anche perché nel 2022 l’energia rinnovabile è diminuita dal 21 del 2021 al 19% del fabbisogno, e sono stati installati appena 3 GW di nuovi impianti per le rinnovabili elettriche a fronte dei 10-12 necessari agli obiettivi Ue (nello stesso peridio la Francia ha installato 5 GW, la Polonia 6 GW, la Spagna 9 GW e la Germania 11 GW).
Va leggermente meglio sul fronte dell’economia circolare: la produttività delle risorse nel 2022 è ancora fra le migliori nell’Ue (3,3 euro di Pil per kg di risorsa consumata), ma è in calo rispetto al 2019 (3,5 €/kg).
La percentuale del riciclo di tutti i rifiuti (urbani e speciali) nel 2020 viene stimata al «72% a fronte di una media europea del 58%», ma si tratta di una performance ancora difficile da misurare con obiettività; basti osservare che per il flusso di rifiuti più ingente, quello degli inerti, l’80% formalmente viene avviato a riciclo ma poi di fatto non viene re-impiegato sul mercato.
Non a caso nel 2021 il tasso di utilizzo di materia proveniente dal riciclo è stato pari al 18,4%, un buon livello rispetto alla media europea – seppur in diminuzione rispetto al 2020 –, ma al contempo indicativo del fatto che l’81,6% dell’economia italiana non è circolare.
Che dire poi del capitale naturale? Benché l’Italia sia ricca di biodiversità, tutela nel complesso solo il 21,4% del proprio territorio e il 6,9% del proprio mare, valori inferiori alla media della Ue del 26,4% e del 12,1%, tant’è che per le aree protette a terra siamo al 19° posto nella Ue. Il monitoraggio ha inoltre evidenziato uno stato di conservazione sfavorevole del 54% della flora, del 53% della fauna e l’89% degli habitat terrestri tutelati dalla direttiva Habitat.
Eppure la transizione ecologica per l’Italia sarebbe uno motore di benessere fondamentale. Secondo lo studio Confindustria-Rse preso in esame nella Relazione, l’attuazione in Italia del pacchetto europeo “Fit for 55” per la decarbonizzazione al 2030 comporterebbe, in 10 anni, maggiori costi cumulati per 136,7 miliardi di euro, generando un aumento del valore aggiunto di ben 689,1 mld€ e un risparmio di costi, per il solo settore energia, di ben 66 mld€ con maggiori entrate per lo Stato per 529,5 mld€.
L’attuazione delle misure europee per l’economia circolare consentirebbe poi all’Italia, sempre al 2030, di risparmiare 82,5 mld€ di materiali importati a fronte di maggiori costi per 4 mld€ per il riciclo, e di ridurre i costi dello smaltimento di rifiuti in discarica di 7,3 mld€.
Guardando infine al ripristino degli ecosistemi cui punta l’iniziativa europea della Nature restoration law – definita dalla premier Giorgia Meloni come «fanatismo ultraecologista» – l’Italia avrebbe benefici per circa 2,4 mld€ a fronte di costi pari a 261 mln€, ovvero con benefici circa 9 volte i costi sostenuti.
«Un maggiore impegno nelle misure per la transizione ecologica all’economia di domani – commenta Ronchi, presidente della Fondazione – potrebbe contribuire in modo decisivo al rilancio dell’economia italiana, a promuovere innovazioni e investimenti».
Come accelerare dunque la transizione? Oggi a Ecomondo è stato presentato un pacchetto di 11 proposte: semplificare, rendere brevi e certi i tempi per le autorizzazioni; approvare anche in Italia una legge per il clima; approvare una legge per la tutela del suolo con misure di adattamento; attuare una riforma della fiscalità in direzione ecologica; accelerare la produzione di energia da fonti rinnovabili, con almeno a 10 GW/anno di nuovi impianti per rinnovabili elettriche; rafforzare la circolarità di produzioni e consumi; redigere un Piano nazionale di sviluppo delle filiere produttive per la transizione ecologica; aumentare la quantità e migliorare la qualità del lavoro e aggiornare le competenze; migliorare l’accesso ai finanziamenti e l’attrazione degli investimenti; potenziare ricerca e l’innovazione, dato che l’Italia investe in R&S appena l’1,6% del Pil.
L’articolo L’Italia può risparmiare oltre 150 mld di euro con la transizione ecologica, che però arretra sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.
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