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L’obiettivo 1,5° C non è ancora morto. Ecco gli interventi che potrebbero salvarlo

Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e limitare il riscaldamento globale a 1,5° C, le emissioni annuali globali dovranno diminuire radicalmente nei prossimi decenni e in molti danno già questo obiettivo per irraggiungibile, ma secondo lo studio “Sensitive intervention points: a strategic approach to climate action”, pubblicato su Oxford Review of Economic Policy da un team di ricercatori dell’ Institute for New Economic Thinking (INET) e della Smith School of Enterprise and the Environment dell’università di  Oxford,  gli 1,5° C potrebbero essere ancora alla nostra portata e identifica i principali “punti sensibili di intervento” che potrebbero sbloccare progressi significativi verso l’accordo di Parigi con il minor rischio e il massimo impatto: Investire in tecnologie energetiche pulite con consistenti riduzioni dei costi; Adottare politiche da parte delle banche centrali per ridurre il valore dei beni inquinanti;  Migliorare la divulgazione dei rischi finanziari legati al clima.

La principale autrice dello studio, Penny Mealy dell’INET, sottolinea che «Questo non vuol dire che raggiungere gli obiettivi di Parigi sarà immediato o facile, ma, come fossero il tallone d’Achille, la nostra ricerca punta alle aree che potrebbero avere un impatto enorme».

Un altro autore dello studio, Pete Barbrook-Johnson della  Smith School of Enterprise and the Environment, aggiunge: «Abbiamo bisogno di politiche climatiche pragmatiche e pratiche, progettate con la consapevolezza di dove l’economia e le tecnologie sono in grado di trasformare rapidamente le nostre economie in meglio. Queste sono le aree politiche. Questo è il modo in cui progettiamo la politica per 1,5». La ricerca evidenzia anche le aree nelle quali gli interventi saranno più difficili e meno impattanti, incluse «La fissione nucleare perché Lenta da implementare e potrebbe avere conseguenze indesiderate; e la cattura e lo stoccaggio del carbonio, che presenta sia barriere che rischi elevati».

Gli autori dello studio sono arrivati a questa conclusione dopo aver ideato un nuovo quadro per identificare i punti di intervento sensibili (SIP), che hanno le caratteristiche necessarie per decarbonizzare radicalmente l’economia globale e spiegano che «I SIP includono punti di svolta critici – come l’energia rinnovabile che diventa più economica del carbone; punti critici nelle reti – come potenti figure politiche o tecnologie importanti, e punti critici nel tempo o “finestre di opportunità” che potrebbero innescare i sistemi esistenti per il cambiamento, come la pandemia di Covid-19. Questi punti di intervento devono essere valutati in base alla facilità con cui possono essere implementati, al loro potenziale di impatto e al potenziale di creazione di rischi».

I ricercatori fanno notare che «Sebbene il quadro sia altamente applicabile al cambiamento climatico, potrebbe essere applicato anche alla risoluzione di altri problemi economici e sociali».

Le valutazioni fornite per ciascun intervento SIP sono state applicate singolarmente sulla base di discussioni con esperti, ricerche bibliografiche e modellizzazione. Gli autori dello studio dicono che «Il quadro può e deve essere applicato regolarmente per rivalutare le priorità non appena diventano disponibili nuovi dati e approfondimenti».

Un altro autore dello studio, Matthews Ives, Senior Research Associate alla Smith School of Enterprise and the Environment, conclude: «L’obiettivo degli 1,5° C non è ancora morto, ma abbiamo bisogno di interventi mirati e rapidi per realizzare il cambiamento non lineare necessario per mantenerlo vivo. Con l’avvicinarsi della COP28, la nostra ricerca evidenzia i principali punti di intervento sensibili a cui possiamo dare priorità per contribuire a invertire la tendenza, fornendo al contempo un quadro prezioso per i responsabili politici».

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