
Come ricordano gli ambientalisti del Wwf, anche l’ultimo anno la Sicilia ha registrato un triste primato: nel 2021 sono bruciati 78mila ettari (soprattutto terreni coltivati e pascolati) sul territorio regionale, quasi lo stesso valore riscontrato nell’intero resto d’Italia.
Come mai? «Le cause degli incendi sono molteplici e quest’anno – sottolineano dal Wwf – ondate di calore anticipate e una straordinaria siccità invernale hanno reso la vegetazione più secca e quindi maggiormente infiammabile, creando una condizione perfetta per la combustione di notevoli superfici di terreni, un tempo coltivati e ora ricoperti da vegetazione spontanea».
Ma la mano dell’uomo incide non soltanto indirettamente sugli incendi, alimentando la crisi climatica in corso, ma anche direttamente. Tanto che anche per il recentissimo rogo di Pantelleria il sindaco ha manifestato il forte dubbio di un’origine dolosa.
«Nel “Piano regionale antincendio boschivo 2020” redatto dal comando del Corpo forestale della Regione siciliana, una approfondita indagine condotta nel periodo 2010-2020 evidenzia che oltre il 77% degli incendi sono dolosi», confermano dal Wwf. Dati che fanno pensare ad una strategia precisa legata ad interessi economici.
Gli ambientalisti del Panda spiegano che «spesso l’incendio viene causato per creare posti di lavoro (nelle attività di avvistamento, di estinzione, nelle attività successive di ricostituzione), noto come industria del fuoco o industria degli incendi», senza dimenticare altre cause come «l’uso criminale del fuoco per provocare volontariamente danni e/o terrore, per interessi di vario genere su terreni o per ritorsioni o intimidazioni», oppure «l’uso sconsiderato del fuoco per il recupero di terreni pascolabili».
Nel complesso, è evidente come puntare su interventi di solo contrasto, al momento dell’emergenza incendi, possa essere una strategia non solo inefficace ma anche controproducente.
«La Regione Sicilia ha focalizzato i suoi interventi verso l’emergenza, trascurando la forestazione e la selvicoltura, che in tema di prevenzione degli incendi avrebbero portato risultati di maggiore efficacia rispetto alle consuete campagne antincendio», osservano nel merito dal Wwf, dettagliando che «la prevenzione dovrebbe essere guidata con piani strategici e programmi a diverse scale per paesaggi resistenti e resilienti, e fatta di un complesso di approcci ed interventi, che integrano la lotta attiva e che sono basati sul ritorno alla gestione, o almeno al controllo della dinamica dei terreni abbandonati e alla ricostituzione di paesaggi agricoli eterogenei. Tra questi: la selvicoltura preventiva, il pascolamento preventivo, la messa in sicurezza di terreni occupati da attività produttive confinanti con terreni incolti, il fuoco prescritto ed altro ancora. C’è da tenere presente che le tecnologie oggi a disposizione (es. monitoraggi satellitari, Gps, telecamere termiche) possono dare una grande mano».
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