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Oms: Gaza zona di catastrofe umanitaria

Con una drammatica dichiarazione ufficiale, oggi l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha ribadito la richiesta di «Protezione dell’assistenza sanitaria e dell’assistenza umanitaria a Gaza, a seguito dei ritardi ai checkpoint militari e della detenzione di operatori sanitari durante una missione per trasferire pazienti critici e consegnare forniture a un ospedale nel nord di Gaza. Durante la missione, secondo quanto riferito, un paziente è morto».

Il 9 dicembre, un team dell’Oms, in collaborazione con la Mezzaluna Rossa Palestinese (PRCS) e l’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) e con il supporto dell’United Nations Department of Safety and Security (UNDSS), ha completato una missione ad alto rischio all’ospedale Al-Ahli di Gaza City per consegnare forniture mediche, valutare la situazione nell’ospedale e trasferire i pazienti gravemente feriti in un ospedale nel sud. La missione ha consegnato all’ospedale forniture traumatologiche e chirurgiche, sufficienti per curare 1.500 pazienti, e ha trasferito 19 pazienti in condizioni critiche con 14 accompagnatori al Nasser Medical Complex, nel sud di Gaza, dove potranno ricevere un livello di assistenza più elevato.

Il gteam dell’Oms racconta che «Sulla strada verso nord, il convoglio delle Nazioni Unite è stato ispezionato al checkpoint di Wadi Gaza e i membri dell’equipaggio dell’ambulanza hanno dovuto lasciare i veicoli per l’identificazione. Due membri del personale della PRCS sono stati trattenuti per oltre un’ora, ritardando ulteriormente la missione. Lo staff dell’Oms ha visto uno di loro essere fatto inginocchiare sotto la minaccia di una pistola e poi portato fuori dalla vista, dove sarebbe stato molestato, picchiato, spogliato e perquisito. Quando la missione è entrata a Gaza City, il camion degli aiuti che trasportava forniture mediche e una delle ambulanze sono stati colpiti da proiettili. Sulla via del ritorno verso il sud di Gaza, con a bordo i pazienti dell’ospedale Al-Ahli, il convoglio è stato nuovamente fermato al checkpoint di Wadi Gaza, dove il personale del PRCS e la maggior parte dei pazienti hanno dovuto lasciare le ambulanze per i controlli di sicurezza. I pazienti critici rimasti nelle ambulanze sono stati perquisiti da soldati armati. Uno degli stessi due membri del personale della PRCS temporaneamente detenuti in precedenza durante il tragitto è stato portato per un interrogatorio una seconda volta. La missione ha compiuto numerosi tentativi per coordinare il suo rilascio, ma alla fine, dopo più di due ore e mezza, ha dovuto prendere la difficile decisione di lasciare l’area altamente pericolosa e procedere, per la sicurezza e il benessere dei pazienti e degli operatori umanitari. . (Tre ambulanze che trasportavano pazienti estremamente critici avevano già proseguito la loro corsa in precedenza, mentre tre sono rimaste con il convoglio). Il PRCS ha poi riferito che durante il processo di trasferimento, uno dei pazienti feriti è morto, a causa delle ferite non trattate».

L’operatore della PRCS è stato rilasciato più tardi nella notte dopo ripetuti interventi dell’Onu e ieri il team dell’Oms lo ha incontrato insieme a suo padre, al supervisore e ai sui colleghi del PRCS. L’Oms denuncia che Il membro della Prcs ha detto di essere stato molestato, picchiato, minacciato, spogliato dei suoi vestiti e bendato. Gli sono state legate le mani dietro la schiena ed è stato trattato in modo degradante e umiliante. Una volta rilasciato, è stato lasciato camminare verso sud con le mani ancora legate dietro la schiena, e senza vestiti né scarpe.

Il 18 novembre, 6 persone del Ministero della Salute di Gaza e della PRCS sono state arrestate durante una missione guidata dall’Oms per trasferire i pazienti dall’ospedale Al-Shifa. 4 persone – 3 del Ministero della Salute e una dello staff della PRCS – sono ancora detenute più di tre settimane dopo. Non ci sono informazioni su come stiano o su dove si trovino. Per l’Oms, «Questo è inaccettabile. L’Oms, insieme ai loro familiari, colleghi e persone care, è profondamente preoccupata per il loro benessere. Ribadiamo la nostra richiesta affinché i loro diritti legali e umani siano rispettati. Ostacolare le ambulanze e attaccare gli operatori umanitari e sanitari è inconcepibile. L’assistenza sanitaria, comprese le ambulanze, è protetta dal diritto internazionale. Vanno rispettati e tutelati in ogni circostanza».

Lo staff dell’Oms  evidenzia che «Le difficoltà affrontate da questa missione evidenziano la riduzione dello spazio a disposizione degli attori umanitari per fornire aiuti all’interno di Gaza, anche se l’accesso è disperatamente necessario per alleviare la catastrofica situazione umanitaria, come richiesto nella risoluzione adottata dai membri del comitato esecutivo dell’Oms il 10 dicembre. L’Oms e i suoi partner restano fermamente impegnati a restare a Gaza e ad assistere la popolazione. Ma mentre le ostilità aumentano in tutta Gaza, gli aiuti non sono sufficienti e il sistema di sostegno umanitario è sul punto di crollare. L’unica soluzione praticabile è un cessate il fuoco prolungato, in modo che l’OMS e i suoi partner possano lavorare in sicurezza e senza ostacoli per rafforzare un sistema sanitario in deterioramento, ricostituire le forniture critiche di carburante, medicinali e altri aiuti essenziali e prevenire malattie, fame e ulteriori sofferenze a Gaza. Striscia».

La denuncia dell’Oms si conclude con una nota sull’ospedale Al-Ahli: «Durante la suddetta missione nella città di Gaza, pesantemente distrutta, lo staff dell’Oms ha visto centinaia di persone, tra cui donne, anziani, giovani e bambini che, data la situazione altamente instabile e l’insicurezza, sembravano sorpresi nel vedere operatori umanitari nella zona».

Lo staff dell’Oms ha descritto l’ospedale Al-Ahli come «In uno stato di caos totale e in una zona di disastro umanitario. E’ estremamente congestionato, con molti sfollati e oltre 200 pazienti, mentre dispone di risorse sufficienti solo per supportare 40 posti letto, la metà della sua capacità originaria. L’edificio ha subito danni sostanziali a causa delle ostilità. I medici hanno affermato che la situazione è “fuori controllo” poiché devono far fronte alla carenza di carburante, ossigeno e forniture mediche essenziali, nonché alla mancanza di cibo e acqua per i pazienti e per loro stessi. La capacità del personale sanitario è minima, l’assistenza infermieristica è estremamente limitata e l’ospedale fa molto affidamento sui volontari. Di fronte al gran numero di pazienti traumatizzati all’interno dell’ospedale e fuori per strada, i medici sono costretti a dare la priorità a chi riceve cure e chi no. Stanno curando molti casi gravi nei corridoi dell’ospedale, per terra, nella cappella dell’ospedale e anche per strada. L’ospedale è gravemente a corto di personale e non ha la capacità di eseguire operazioni vascolari. Le amputazioni degli arti vengono decise come ultima risorsa per salvare vite umane».

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