L’autrice senior dello studio, Daisy Dent (Max-Planck-Gesellschaft, Smithsonian Tropical Research Institute ed ETH Zürich) conferma: «Gli animali sono i nostri più grandi alleati nel rimboschimento. Il nostro studio spinge a ripensare le iniziative di riforestazione per andare oltre la semplice creazione di comunità vegetali».
Inoltre, lo studio evidenzia che «La collocazione di foreste in rigenerazione vicino a zone di vecchia crescita e la riduzione della caccia incoraggiano gli animali a colonizzare e stabilirsi». Estrada-Villegas, ora all’Universidad del Rosario di Bogotá, aggiunge: «Dimostriamo che considerare l’ecosistema più ampio, così come le caratteristiche del territorio, migliora i lavori di ripristino».
La chiave per l’espansione delle foreste è infatti la dispersione dei semi da parte degli animali: ai tropici, oltre l’80% delle specie arboree può essere dispersa dagli animali, che trasportano i semi in tutto il territorio. Ma il team di ricercatori fa notare che «Nonostante questo, gli sforzi di ripristino delle foreste continuano a concentrarsi sull’aumento della copertura arborea piuttosto che sul ristabilire le interazioni animale-pianta che sono alla base della funzione dell’ecosistema».
Estrada-Villegas fa però notare qualcos’altro: «Capire come gli animali contribuiscono al rimboschimento è proibitivo perché sono necessarie informazioni dettagliate su quali animali mangiano quali piante». La foresta del Barro Colorado Nature Monument (BCNM), nel Canale di Panama, fornisce una soluzione unica a questo problema: in quella che è una delle foreste tropicali meglio studiate al mondo, generazioni di scienziati hanno documentato le interazioni degli animali frugivori per capire quali gruppi di animali disperdono quali specie arboree.
Il nuovo studio ha esaminato questo dataset unico per determinare la proporzione di piante disperse da 4 gruppi di animali: mammiferi incapaci di volare, grandi uccelli, piccoli uccelli e pipistrelli, e come questa proporzione è cambiata in un secolo di ripristino naturale. I risultati rappresentano i dati più dettagliati sul recupero da dispersione dei semi da parte degli animali nel periodo di tempo più lungo del ripristino naturale. La Dent sottolinea che «La maggior parte degli studi esamina i primi 30 anni di successione, ma i nostri dati che coprono 100 anni ci danno uno sguardo raro su ciò che accade nella fase tardiva del ripristino».
E’ così che lo studio ha scoperto che «Le giovani foreste in fase di rigenerazione erano costituite principalmente da alberi dispersi da piccoli uccelli. Ma man mano che la foresta invecchiava, gli alberi dispersi da uccelli più grandi aumentavano. Sorprendentemente, tuttavia, la maggior parte delle piante è stata dispersa dai mammiferi terrestri in tutte le età della foresta, dai 20 anni fino alla vecchia crescita». Lo studio ha anche mostrato che molti semi avevano più di una specie animale che fungeva da “fattorino” e questo ha sottolineato i vantaggi della biodiversità: ad esempio, gli uccelli potrebbero essere in grado di spostare i semi che altrimenti verrebbero trasportati dai mammiferi terrestri.
Secondo la Dent, «Questo risultato è piuttosto insolito per le foreste rigenerate post-agricole. E’ probabile che la presenza di ampi tratti di foreste preservate vicino ai nostri popolamenti secondari, unita alla scarsa caccia, abbia permesso alle popolazioni di mammiferi di prosperare e di portare un afflusso di semi dalle zone vicine».
Estrada-Villegas conclude: «Speriamo che queste informazioni possano aiutare i professionisti a strutturare le loro pratiche di ripristino consentendo alle specie frugivore di aiutare il processo di ripristino e accelerare il recupero delle foreste».
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