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Perché la Corte costituzionale ha bocciato il condono edilizio della Regione Sicilia

Con la sentenza n. 252/2022 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1 comma 1 della legge regionale siciliana n. 19 del 2021 per violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione e 14 dello Statuto della Regione Siciliana, con relativa e conseguenziale dichiarazione di illegittimità costituzionale delle residue disposizioni della medesima legge regionale impugnata (art. 1 c. 2 e art. 2).

Legambiente Sicilia ricorda cosa era successo: «La Regione Siciliana, con la legge n. 19/2021, aveva dato una interpretazione autentica all’art. 24 co.1 della LR 15/2004 relativo al cosiddetto terzo condono edilizio, ritendo ammissibile la sanatoria delle opere abusive realizzate nelle aree soggette a vincoli “che non comportino inedificabilità assoluta”. La Corte Costituzionale ha cassato questa vera e propria forzatura normativa, anche richiamandosi e conformandosi ad altre pronunce della Cassazione Penale secondo la quale la normativa regionale non potrebbe comunque prevalere sulle disposizioni statali sopravvenute (2003) che hanno provveduto a disciplinare i termini del condono edilizio disposto per legge in precedenza».

Secondo la Corte, la norma regionale andava ad intaccare non solo i termini e le forme delle richieste di concessione in sanatoria già presentate, ma anche i limiti entro i quali le stesse avrebbero dovuto essere rilasciate. La reale portata innovativa della norma regionale impugnata era in netto ed evidente contrasto, secondo la Corte, con le prerogative esclusive del legislatore nazionale.

Dopo la sentenza, Giuseppe Alfieri, presidente di Legambiente Sicilia, aveva subito commentato: «La sentenza della Corte Costituzionale è davvero importante, almeno per due ragioni: la prima, perché definisce con assoluta chiarezza una volta e per tutte i limiti del legislatore regionale in relazione a quelle materie che invece sono assegnate dalla nostra Costituzione alla competenza esclusiva del legislatore nazionale, ad esempio in relazione alle opere insuscettibili di sanatoria in virtù delle disposizioni nazionali emanate in coerenza con la materia di potestà legislativa esclusiva dello Stato su tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. In secondo luogo, perché blocca autorevolmente ed in punta di diritto, una volta e per tutte, una palese ed evidente forzatura che il legislatore regionale, lo scorso anno, aveva provato a far passare, di fatto ampliando le maglie dell’ultimo condono del 2003 anche agli immobili realizzati abusivamente in aree sottoposte a vincolo di inedificabilità relativa. La riteniamo una grande vittoria, considerato che Legambiente Sicilia aveva anche presentato sul punto una memoria alla Corte Costituzionale».

Su Lexambiente.it, Massimo Greco parla di un epilogo annunciato di un tentativo maldestro  a favore degli abusivi e ricorda che all’indomani dell’avvenuta interpretazione autentica varata dal legislatore siciliano (29 luglio 2021) postò su Facebook alcune considerazioni: «Questa norma approvata dall’ARS non solo è inutile ma anche pericolosa. Inutile perchè in Sicilia, in forza della giurisprudenza amministrativa regionale consolidata in materia, gli abusi edilizi realizzati in aree gravate da vincoli relativi, cioè non comportanti l’inedificabilità assoluta, possono essere oggetto di condono edilizio ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 32 della legge n. 326/2003. E’ pericolosa perché molto probabilmente sarà impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e sottoposta allo scrutinio della Corte Costituzionale, con il rischio, più che fondato, di ottenere il risultato contrario di ciò che hanno auspicato i parlamentari di maggioranza all’ARS: l’annullamento della legge appena approvata, per il semplice motivo che nel resto d’Italia la normativa sul terzo condono edilizio non consente la sanabilità di volumi e superfici utili realizzati abusivamente su aree gravate da vincoli paesaggistici. Se così sarà, e lo sapremo entro quest’anno, gli uffici preposti del Comune piomberanno nel caos».

Greco  spiega che «Con la sentenza appena depositata, la Corte costituzionale ha affermato che, in relazione alle competenze legislative di tipo primario previste dagli statuti speciali, lo spazio di intervento affidato al legislatore regionale, con riguardo alla disciplina del condono edilizio, è circoscritto – oltre che dal limite della materia penale – da quanto è immediatamente riferibile ai principi di questo intervento eccezionale di grande riforma economico-sociale relativi alla determinazione massima dei fenomeni condonabili, cui devono senz’altro ricondursi quelle che individuano le tipologie di opere insuscettibili di sanatoria ai sensi del 3° condono edilizio del 2003. La Corte costituzionale non ha quindi condiviso il diverso avviso del Consiglio di Giustizia Amministrativa secondo cui, nell’ambito della Regione Siciliana, dovrebbe continuare ad applicarsi la disciplina attuativa del 1° condono edilizio, prevista dalla legge n. 47/1985, preclusiva della sanatoria solo a fronte di vincoli di inedificabilità assoluta. A questo punto il caos è servito, visto che al rigetto delle centinaia di istanze di condono edilizio ancora pendenti, seguiranno altrettante ordinanze di demolizione. Un problema enorme a cui dovranno far fronte sia i Comuni che le Soprintendenze della Sicilia che, in forza di un’interpretazione del CGA da noi definita nei giorni scorsi “ardita” – in occasione di un commento sul parallelo condono edilizio varato nel 2018 per l’isola di Ischia – hanno fin qui condonato abusi edilizi senza limiti di volumetria in aree gravate da vincoli paesaggistici ed idrogeologici».

Greco  fa notare che ora «Le medesime Istituzioni pubbliche, sulla base di un sopravvenuto e diverso orientamento orientamento della giurisprudenza – questa volta di rango costituzionale – saranno costrette ad ammettere l’esistenza di un “abusivismo fortunato”, per il quale dovrà necessariamente farsi una gigantesca riflessione sull’ipotesi dell’autotutela amministrativa, e di un “abusivismo sfortunato” per il quale dovranno accendersi i motori delle ruspe. Alla domanda “oggi come va?”, Robespierre avrebbe risposto: “C’è da perderci la testa”».

Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha concluso: «Adesso si demoliscano gli immobili insanabili per ripristinare lo stato di diritto e la bellezza dei luoghi e per ridurre il rischio per le persone che vivono in strutture o in aree pericolose come dimostrano tante tragedie avvenute anche recentemente nel paese».

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