La presidente del Consiglio ha presentato i 5 pilastri del Piano Mattei: Istruzione e formazione: gli interventi si prefiggono di promuovere la formazione e l’aggiornamento dei docenti, l’adeguamento dei curricula, l’avvio di nuovi corsi professionali e di formazione in linea con i fabbisogni del mercato del lavoro e la collaborazione con le imprese, coinvolgendo in particolare gli operatori italiani e sfruttando il ‘modello’ italiano delle piccole e medie imprese. Agricoltura: gli interventi saranno finalizzati a diminuire i tassi di malnutrizione; favorire lo sviluppo delle filiere agroalimentari; sostenere lo sviluppo dei bio-carburanti non fossili. In questo quadro si ritengono fondamentali lo sviluppo dell’agricoltura familiare, la salvaguardia del patrimonio forestale e il contrasto e l’adattamento ai cambiamenti climatici tramite un’agricoltura integrata. Salute: gli interventi puntano a rafforzare i sistemi sanitari, migliorando l’accessibilità e la qualità dei servizi primari materno-infantili; a potenziare le capacità locali in termini di gestione, formazione e impiego del personale sanitario, della ricerca e della digitalizzazione; sviluppare strategie e sistemi di prevenzione e contenimento delle minacce alla salute, in particolare pandemie e disastri naturali. Energia: l’obiettivo strategico è rendere l’Italia un hub energetico, un vero e proprio ponte tra l’Europa e l’Africa. Gli interventi avranno al centro il nesso clima-energia, punteranno a rafforzare l’efficienza energetica e l’impiego di energie rinnovabili, con azioni volte ad accelerare la transizione dei sistemi elettrici, in particolare per la generazione elettrica da fonti rinnovabili e le infrastrutture di trasmissione e distribuzione. Il piano prevede, inoltre, lo sviluppo in loco di tecnologie applicate all’energia anche attraverso l’istituzione di centri di innovazione, dove le aziende italiane potranno selezionare start-up locali e sostenere così l’occupazione e la valorizzazione del capitale umano. Acqua: gli interventi riguarderanno la perforazione di pozzi, alimentati da sistemi fotovoltaici; la manutenzione dei punti d’acqua preesistenti; gli investimenti sulle reti di distribuzione; e le attività di sensibilizzazione circa l’utilizzo dell’acqua pulita e potabile. Tutti questi pilastri sono interconnessi tra loro con gli interventi sulle infrastrutture, generali e specifiche in ogni ambito».
Al di là delle iniziali parole di cortesia e di circostanza, Faki è sembrato credere poco a un Piano ritenuto abbastanza generico è ha detto: «Siamo un continente alle prese con una pluralità di sfide: sfide alla sicurezza, sfide ecologiche, sfide sanitarie, sfide della mobilità, sfide tecnologiche, sfide finanziarie per il nostro sviluppo, sfide dell’integrazione. Le nostre priorità nascono ovviamente da queste sfide. Se il problema dello sviluppo dell’Africa continua a dipendere dalla volontà e dalla visione africana, dipende anche, data la profonda interdipendenza dei fenomeni globali, dalla strutturazione dell’ordine economico internazionale e della governance globale. La formulazione delle nostre priorità è tracciata dal quadro strategico dell’Unione Africana che è l’Agenda 2063 e facilitata dalle strategie sviluppate nelle diverse aree di interesse del nostro partenariato strategico. In questa visione, agricoltura, infrastrutture, ambiente, energia, sanità, istruzione, digitalizzazione costituiscono le prime priorità. Chiaramente, ci sono molti ostacoli al raggiungimento di tali priorità: il pesante onere del debito, gli effetti del cambiamento climatico, l’aumento dell’estremismo violento e del terrorismo, l’instabilità politica e istituzionale, adeguati deficit di finanziamento e gravi errori di governance. Mi risulta che il piano Mattei proposto dalla signora Presidente del Consiglio, sul quale avremmo voluto essere consultati, sia coerente con questo. L’Africa è pronta a discutere i contorni e le modalità della sua attuazione. Devo sottolineare qui la necessità di far corrispondere le azioni alle parole. Capirete che non possiamo accontentarci di promesse che spesso non vengono mantenute».
Un’imbarazzatissima Gorgia Meloni ha dovuto ammettere: «Forse sono stata troppo concreta, il progetto non è completo, siamo all’inizio». Poi si è presentata alla conferenza stampa finale non con Faki ma con il presidente di turno dell’UA, il presidente delle Comore Azali Assoumani, appena rieletto in elezioni contestate per brogli che hanno scatenato una rivolta popolare, che ha definito il vertice, «Un successo».
Ma prima Faki aveva smontato un altro pilastro del Piano Mattei: quello del contrasto all’immigrazione: «L’Italia è il principale punto di partenza dei flussi migratori dall’Africa attraverso il Mediterraneo. Condivide pertanto con l’Africa la preoccupazione permanente di trovare una soluzione duratura a questo fenomeno divenuto più volte tragico. Non solo la migrazione di massa sta spopolando il nostro continente di forza lavoro nella sua età dell’oro, ma lo sta facendo con infelicità, estrema precarietà e umiliazione per la nostra gente, in particolare per i nostri giovani. La portata della nostra partnership su questo tema rimarrà limitata finché non culminerà in una modifica strutturale del modello di sviluppo compreso un nuovo approccio alla gestione dei flussi migratori. Non esiste una strategia efficace in questo caso, tranne una: trasformare le vaste regioni della povertà, dell’esclusione e della sofferenza umana in uno spazio di prosperità e sviluppo. La cura è lì. È nella condivisione della prosperità, nell’uguaglianza nella prosperità. Il mondo è come vasi comunicanti. Completane uno e crea il gateway e vedrai! In questa lotta, l’Africa è consapevole che deve assumersi le proprie responsabilità nel promuovere e far rispettare i principi del suo partenariato e, da un lato, nel centrare questo partenariato sulle sue priorità. Devo qui, per essere più chiaro, ribadire alcune dichiarazioni precedenti e sottolineare con forza che l’Africa non tende le mani ai partner come un mendicante, come un richiedente che non offre nulla. La nostra ambizione è più alta. Sosteniamo un cambio di paradigma, un nuovo modello di partenariato che tracci il percorso verso un mondo più giusto e quindi più rilevante per costruire la pace e la prosperità attraverso ponti di amicizia e non barriere sicuritarie, percepite come barriere di ostilità. La responsabilità è quindi necessariamente collettiva. Questo è l’unico modo perché la nostra partnership possa essere reciprocamente interiorizzata, reciprocamente rispettosa e reciprocamente vantaggiosa. Il nostro augurio più sincero è che l’Italia si coinvolga sempre di più con noi in questo spirito. Questa è la quintessenza del messaggio che siamo venuti a portare L’Italia è il principale punto di partenza dei flussi migratori dall’Africa attraverso il Mediterraneo. Condivide pertanto con l’Africa la preoccupazione permanente di trovare una soluzione duratura a questo fenomeno divenuto più volte tragico.
Non solo la migrazione di massa sta spopolando il nostro continente di forza lavoro nella sua età dell’oro, ma lo sta facendo con infelicità, estrema precarietà e umiliazione per la nostra gente, in particolare per i nostri giovani. La portata della nostra partnership su questo tema rimarrà limitata finché non culminerà in una modifica strutturale del modello di sviluppo compreso un nuovo approccio alla gestione dei flussi migratori.
Non esiste una strategia efficace in questo caso, tranne una: trasformare le vaste regioni della povertà, dell’esclusione e della sofferenza umana in uno spazio di prosperità e sviluppo. La cura è lì. È nella condivisione della prosperità, nell’uguaglianza nella prosperità. Il mondo è come vasi comunicanti. Completane uno e crea il gateway e vedrai! In questa lotta, l’Africa è consapevole che deve assumersi le proprie responsabilità nel promuovere e far rispettare i principi del suo partenariato e, da un lato, nel centrare questo partenariato sulle sue priorità. Devo qui, per essere più chiaro, ribadire alcune dichiarazioni precedenti e sottolineare con forza che l’Africa non tende le mani ai partner come un mendicante, come un richiedente che non offre nulla. La nostra ambizione è più alta. Sosteniamo un cambio di paradigma, un nuovo modello di partenariato che tracci il percorso verso un mondo più giusto e quindi più rilevante per costruire la pace e la prosperità attraverso ponti di amicizia e non barriere di sicurezza, percepite come barriere di ostilità.
La responsabilità è quindi necessariamente collettiva. Questo è l’unico modo perché la nostra partnership possa essere reciprocamente interiorizzata, reciprocamente rispettosa e reciprocamente vantaggiosa.
Il nostro augurio più sincero è che l’Italia si coinvolga sempre di più con noi in questo spirito.
Questa è la quintessenza del messaggio che siamo venuti a portare. Le speranze sono immense che possa annunciare una nuova era nella progettazione e attuazione della nostra partnership».
Annalisa Corrado, responsabile conversione ecologica, clima, green economy e Agenda 2030 nella segreteria nazionale del PD, ha commentato: «Piano Mattei: La montagna non ha partorito niente. Continua il grande bluff del Piano Mattei, che resta una lista di titoli totalmente privi di contenuto, visione, prospettiva. Manca la strategia, mancano gli obiettivi condivisi, come ha sottolineato con durezza inequivocabile Moussa Faki, presidente della Commissione dell’Unione Africana che si dispiace di non essere stato minimamente coinvolto nel ragionamento. Alla faccia del rapporto di cooperazione paritaria. Un grande bluff, che pare sarà finanziato utilizzando il famoso gioco delle tre carte, ossia spostando fondi già stanziati, mentre le sfide più importanti dei nostri giorni, a partire da quella climatica che il continente africano sta subendo con gravità crescente, restano tutte lì, intatte e rese più gravi dal tempo che passa».
Il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, ha evidenziato che «Quando un Paese come l’Italia si confronta con i capi di Stato e ministri del contenente africano è sempre importante. E noi, quando si tratta di costruire ponti con altri paesi ci siamo, perché anche noi tifiamo Italia. Ma dopo aver ascoltato Giorgia Meloni ci rimane la sensazione che il piano Mattei, ora come ora, sia una scatola vuota e che il governo si stia muovendo più attraverso annunci di propaganda che con una concreta ed efficace politica estera. A testimoniarlo ci sono anche le parole critiche pronunciate da Moussa Faki, presidente della Commissione dell’Unione Africana che ha auspicato un profondo cambiamento del paradigma nei rapporti con l’Africa e che ha affermato, a proposito del piano Mattei, che i paesi africani si sarebbero aspettati di essere almeno consultati e che non possono più accontentarsi di semplici promesse. Noi pensiamo che per cambiare i paradigmi di un nuovo rapporto con il continente africano siano necessarie due condizioni. La prima è il protagonismo dell’Europa, che per ora non si vede. Non può essere l’Italia da sola a gestire il rapporto con l’Africa: senza un coinvolgimento formale dell’Ue non si va molto lontano e come è noto in Europa sono proprio i paesi sovranisti e nazionalisti a opporsi, nonostante i buoni propositi annunciati da Michel, Von Der Leyen e Metsola. La seconda condizione riguarda la disponibilità delle risorse. E, a quanto ci risulta i 5,5 miliardi annunciati oggi a parole da Giorgia Meloni non ci sono perché nel testo del decreto non c’è ne è traccia. In quel testo risultano solo 2,8 milioni (e non miliardi) per il personale della struttura di Missione. Praticamente zero. Ma oggi la premier ha affermato che i 5,5 miliardi verranno dal fondo per il clima e dalla cooperazione allo sviluppo. Peccato che quei due fondi non siano citati nel testo e che le finalizzazioni fossero altre. È cambiato qualcosa? Il governo venga a dircelo in Parlamento. Per noi oggi il Piano Mattei resta una scatola vuota».
Dopo il vertice, iIl vice presidente del Consiglio e ministro degli esteri e della cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, ha partecipato all’assemblea di Confindustria Assafrica & Mediterraneo “Africa e Medio Oriente. Trasformazioni e traiettorie in un nuovo contesto globale” e ha cercato di riprendere il filo del discorso governativo: «L’Africa è una priorità della politica estera italiana, impegnata ad avviare un partenariato concreto tra pari attraverso la nostra diplomazia economica, che vuole e deve portare a una crescita mutuamente vantaggiosa. Il percorso delineato dal Piano Mattei è la nostra stella polare», poi ha ricordato la recente apertura di una nuova Ambasciata in Mauritania, di tre nuovi uffici dell’Agenzia ICE a Dakar, Nairobi e Lagos e le prossime aperture di uffici di SACE, SIMEST e Cassa Depositi e Prestiti in alcuni Paesi del Nordafrica e dell’Africa Subsahariana.
Ma per Sinistra Italiana – Verdi «La conferenza tra Meloni e i leader africani ha l’obiettivo di avviare una colonizzazione delle risorse naturali africane. Il piano Mattei, che si legge piano Eni- Meloni, non farà altro che impoverire l’Africa e aumentare il debito africano. Noi presentiamo la nostra controproposta: la cancellazione del debito africano e il raggiungimento dell’obiettivo dello 0,7% dei fondi per l’aiuto allo sviluppo, attualmente fermi allo 0,30%».
Secondo il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Verdi e Sinistra Angelo Bonelli, «Il vero obiettivo della conferenza e del Piano Mattei è quello di avere gas e petrolio in cambio dello stop ai migranti. Per facilitare questo obiettivo il governo italiano ha messo sul tavolo 3 miliardi di euro del fondo per il clima italiano, che dovrebbero essere destinati alla transizione ecologica, per estrarre fonti fossili dall’Africa. Una schifezza! In Africa lo sfruttamento di risorse naturali come petrolio, gas, uranio e coltan ha aumentato la povertà sociale e portato il debito estero africano a 1.100 miliardi di dollari che con il debito interno arriva a 1.800 miliardi di dollari. Infine, le politiche del Governo Meloni, non prevedono nessuna risorsa da destinare alla cooperazione allo sviluppo. Se davvero si vuole favorire lo sviluppo del Continente africano, si devono affrontare due questioni: la cancellazione del debito, il raggiungimento dell’obiettivo dello 0,7% dei fondi per l’aiuto allo sviluppo (Aps), l’Italia è ferma allo 0,30%. Si deve tracciare un nuovo corso per la cooperazione euro-africana, proteggendo le popolazioni africane, gli ecosistemi e la biodiversità del continente, e affrontando l’emergenza climatica».
L’articolo Piano Mattei, l’Africa al vertice di Roma: non siamo stati consultati sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.
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