In contemporanea, analoghe proteste sono andate in scena anche in Campania ed Emilia-Romagna, ed è solo l’inizio di un fine settimana rovente: domani è previsto un bis in Abruzzo (Sulmona, alle 9.30 in località Case Pente), Puglia (Lecce, ore 18 alle Officine Ergot) e Piemonte (alle 15 da Kontiki Torino).
Il motivo di questa protesta, articolata tra ministero della Cultura e territori, è presto detta: se i nuovi impianti rinnovabili non vengono autorizzati la responsabilità, in buona parte dei casi, ricade sulla contrarietà delle Soprintendenze e di quella delle Regioni (che hanno in capo 11 processi autorizzati sui 13 esistenti).
Risultato: mentre l’Italia è 22esima in Europa per nuove installazioni, ci sono oltre 1.300 progetti in attesa nelle aule regionali e 340 GW di richieste connessione a Terna, ben oltre il target che l’Italia è chiamata a raggiungere per rispettare il target RePowerEu al 2030 (+85 GW).
«L’Italia deve mettere al centro della sua strategia energetica le fonti pulite, e non i combustibili fossili, con progetti ben integrati nei territori – spiegano le associazioni – Per far ciò, occorre in primis dire basta ai tanti blocchi e ritardi causati da burocrazia, ostacoli normativi, i troppi no immotivati delle amministrazioni locali e regionali, delle Soprintendenze, le opposizioni dei comitati Nimby e Nimto che frenano le rinnovabili».
Da qui la scelta del ministero della Cultura come luogo di punta della mobilitazione, lanciando da Roma un messaggio chiaro e diretto al Governo Meloni e al ministro Gennaro Sangiuliano; conclusa la protesta, una delegazione delle associazioni è stata ricevuta al ministero.
Il messaggio recapitato dagli ambientalisti è semplice nella sua dirompenza: stop ai sussidi alle fonti fossili, e rinnovabili a copertura del 100% della domanda elettrica entro il 2035 (nel 2022 l’Italia era appena al 31%).
«L’unica strada per raggiungere gli obiettivi di indipendenza e di sicurezza energetica – concludono le associazioni – è quella di investire nelle fonti rinnovabili, su grande e piccola scala, seguendo anche le vocazioni territoriali. Per fare questo non serve solo rimettere mano alla normativa nazionale, obsoleta rispetto agli obiettivi che abbiamo di fronte, ma anche dare strumenti a Regioni ed Enti locali».
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