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Rinnovabili, dalla Regione Sardegna fino a 18 mesi di moratoria per tutti i nuovi impianti

La Giunta regionale della Sardegna ha approvato oggi, su proposta della neo-presidente Alessandra Todde, una moratoria «non superiore ai 18 mesi» per l’installazione di nuovi impianti rinnovabili, anche quelli già in possesso delle autorizzazioni necessarie.

Il disegno di legge Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio, dei beni paesaggistici e ambientali mette a contrasto la tutela paesaggistica con lo sviluppo delle fonti pulite – una lettura bocciata da tempo dalle principali associazioni ambientaliste nazionali –, puntando a «garantire che lo sviluppo e la realizzazione di nuovi impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili avvenga in un contesto di tutela e salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio».

Il ddl detta una disciplina transitoria, in quanto ancorata all’approvazione della legge regionale sull’individuazione delle aree idonee e al successivo, e necessario, adeguamento del Piano paesaggistico regionale, e comunque per un periodo non superiore ai 18 mesi. Un’eternità, visti i ritardi già accumulati dal Paese sul fronte della decarbonizzazione.

«Siamo convintamente a favore della transizione ecologica ma totalmente contrari a chi, riempiendosi la bocca di parole come tutela dell’ambiente o sostenibilità, specula e lucra barbaramente su territorio, suolo e passaggio – commenta Todde – Abbiamo quindi deciso che tutti i nuovi interventi di istallazione saranno bloccati per un massimo di 18 mesi e noi, in questo stesso lasso di tempo, lavoreremo all’individuazione di tutti gli strumenti legislativi opportuni per impedire lo scempio che si sta prospettando nella nostra Isola».

Tutto questo mentre paradossalmente i parlamentari del Movimento 5 Stelle – partito del quale Todde è stata anche vicepresidente nazionale – nelle commissioni Ambiente e Attività produttive di Camera e Senato rivolgono una nota congiunta al Governo chiedendogli di «raggiungere gli obiettivi sulle rinnovabili al 2030, sui quali abbiamo ancora molto da fare per recuperare i ritardi».

Secondo le associazioni che compongono l’alleanza Sardegna rinnovabile – Greenpeace Italia, Legambiente, Kyoto Club, Wwf Italia – la «moratoria sulle fonti rinnovabili che la Regione Sardegna ha appena varato rappresenta un grave passo falso rispetto agli obiettivi di transizione energetica e decarbonizzazione, pure sostenuti dalla presidente Todde».

Il timore per le numerose richieste di connessione alla rete di impianti rinnovabili (che non equivalgono affatto a una autorizzazione dei progetti) e per l’assenza di criteri utili per identificare progetti in linea con il territorio e l’ambiente, come le aree idonee, «non possono giustificare una moratoria regionale per le rinnovabili, strumento in relazione al quale la Corte costituzionale è già intervenuta più volte, evidenziando i frequenti casi di illegittimità costituzionale», sottolineano gli ambientalisti.

«Aggredire le rinnovabili con una anacronistica moratoria, che risponde principalmente agli interessi del mondo delle energie fossili (del gas naturale in primis), significa condannare la Sardegna ad un’economia non in linea con la transizione energetica – continuano le associazioni – La Sardegna, oggi, sfruttando l’attuale assenza di metanizzazione, avrebbe davvero l’occasione di diventare un esempio a livello mondiale di regione a zero emissioni, ma questo potrà avvenire solo abbandonando definitivamente le fonti fossili (con annesse insostenibili infrastrutture) e puntando convintamente sulle rinnovabili, sull’efficienza energetica, su diversificati sistemi di accumulo e su una migliore interconnessione delle reti elettriche. Parlare di moratoria oggi non aiuterà ad avere rinnovabili in linea con l’ambiente e il territorio domani, rappresenta, invece, un grande assist all’industria fossile».

Per questo gli ambientalisti di Sardegna rinnovabile chiedono alla Regione, a tutti i soggetti pubblici coinvolti, agli stakeholder privati e alla società civile di «costruire insieme modalità partecipate per la realizzazione di impianti rinnovabili in linea con l’ambiente e il territorio, che, senza pregiudizio per le Fer, possano migliorare l’accettabilità sociale degli impianti, la qualità dei progetti e la loro localizzazione».

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