«L’impatto sulla produzione di energia è stato particolarmente forte in Italia nel 2022, annus horribilis per la produzione idroelettrica, il cui contributo alla generazione elettrica nazionale è sceso dal 15-20% degli ultimi anni al 10%, il valore più basso dal 1950», sottolineano dalla Cdp.
I motivi di questo tracollo sono legati alla crisi climatica in corso, col 2022 a spiccare come l’anno più caldo e meno piovoso degli ultimi due secoli; non va molto meglio neanche in questa prima fase del 2023, con un innevamento ai minimi storici.
«Oltre ad aumentare la frequenza e l’intensità di eventi metereologici estremi, il cambiamento climatico – evidenziano da Cdp – contribuisce infatti a rendere i flussi d’acqua sempre più irregolari, mentre il fabbisogno idrico cresce, con il rischio di creare tensioni sui diversi possibili utilizzi dell’acqua».
Che fare? Dalla Cassa depositi e prestiti mettono l’accento sui fattori infrastrutturali e ammodernamento impiantistico.
Su questo secondo fronte occorrono in particolare «interventi di manutenzione e ammodernamento per migliorare l’efficienza degli impianti idroelettrici esistenti, anche in condizioni di minore disponibilità d’acqua. Per fare ciò è necessario creare le condizioni per sbloccare gli investimenti necessari», al momento sostanzialmente bloccati in attesa che la politica nazionale sciolga le riserve in merito alle concessioni idroelettriche in scadenza, passando da una proroga agli attuali soggetti gestori – legata proprio a investimenti sugli impianti – oppure da una gara europea.
Per migliorare invece il sistema dello stoccaggio dell’acqua, da Cdp evidenziano che «è necessario aumentare i volumi degli invasi, facilitando, ad esempio, gli interventi per ridurre l’accumulo di sedimenti di materiali che si accumulano nei bacini idrografici, trasportati dai fiumi che si riversano negli invasi».
Interventi certamente utili, senza dimenticare però che i nuovi invasi non sono i soli strumenti a disposizione per incrementare lo stoccaggio della risorsa idrica. Le principali associazioni ambientaliste italiane, intervenute recentemente sul tema, sottolineano infatti l’utilità di una strategia nazionale integrata e a livello di bacini idrografici e delle cosiddette “soluzioni baste sulla natura” (Nbs).
Tali interventi – affiancabili ai più tradizionali invasi proposti in primis da Anbi e Coldiretti – spaziano dalle cosiddette “città spugna” alle Aree forestali d’infiltrazione per ricaricare le falde, offrendo molteplici strumenti sostenibili a contrasto della siccità.
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