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Royal Society: grossi problemi per l’aviazione net zero (VIDEO)

Le emissioni globali di CO2 del trasporto aereo sono state di circa 1.000 milioni di tonnellate all’anno nel 2018/19, rappresentando il 2,4% delle emissioni globali, scendendo nel 2020 a 600 milioni di tonnellate e riaumentando nel 2021 a 720 milioni di tonnellate. Nel 2019, l’aviazione del Regno Unito (internazionale e nazionale) ha rappresentato l’8% delle sue emissioni di gas serra.  Il Regno Unito si è impegnato ad aumentare la produzione di carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF) e rendere i voli domestici “net zero” entro il 2040, ma l’aviazione sta crescendo a livello globale ed è uno dei numerosi settori che devono essere decarbonizzati.

Secondo il rapporto “Net zero aviation fuels: resource requirements and environmental impacts” pubblicato dalla Royal Society, «Mentre i carburanti alternativi per l’aviazione avranno probabilmente un costo maggiore, con l’accelerazione della decarbonizzazione in altri settori ,continuare con il tradizionale carburante per aerei a cherosene diventerà probabilmente sempre più costoso», ma  «La produzione di carburante per aviazione sostenibile per rispettare le ambizioni di “net zero” del Regno Unito richiederebbe enormi quantità di terreni agricoli del Regno Unito o elettricità rinnovabile per continuare a volare ai livelli odierni».

Il  rapporto avverte che «Non esiste un’unica, chiara e sostenibile alternativa al carburante per aerei in grado di supportare il volo a un livello equivalente all’utilizzo odierno» ed esamina i problemi riguardanti la disponibilità delle risorse, i probabili costi, gli impatti del ciclo di vita, i requisiti infrastrutturali e le domande sulla ricerca in sospeso su 4 tipi di carburante, idrogeno verde, biocarburanti (colture energetiche e rifiuti), ammoniaca e combustibili sintetici (efuel). Il rapporto non prende invece in considerazione le batterie perché «Gli aeromobili alimentati esclusivamente da batterie non dovrebbero raggiungere i requisiti di densità energetica del volo commerciale a lunga distanza entro il 2050».

La Royal Society stina che «Soddisfare l’attuale domanda di aviazione del Regno Unito interamente con colture energetiche richiederebbe circa la metà dei terreni agricoli del Regno Unito. Mentre produrre una quantità sufficiente di idrogeno verde richiederebbe 2,4 – 3,4 volte la produzione di elettricità rinnovabile (eolica e solare) del Regno Unito nel 2020».

Sebbene ogni tipo di carburante presenti vantaggi e svantaggi, i risultati evidenziano le sfide che pone la decarbonizzazione dell’aviazione, soprattutto quando è probabile che le risorse siano richieste a livello globale per una serie di obiettivi “net zero”  e identifica anche l’enorme incremento della ricerca necessario per aumentare gradualmente i combustibili net zero, dallo stoccaggio alla movimentazione, agli impatti ambientali, comprese le emissioni di CO2 e non CO2. «Affrontare queste sfide richiede un coordinamento globale, in particolare per affrontare il periodo di transizione tra la generazione attuale e quella futura».

Graham Hutchings FRS, Regius Professor of Chemistry alla Cardiff University e presidente del gruppo di lavoro che ha realizzato il rapporto, sottolinea che «La ricerca e l’innovazione sono strumenti vitali per arrivare al net zero. Ma dobbiamo essere molto chiari sui punti di forza, i limiti e le sfide che devono essere affrontati e superati se vogliamo aumentare le nuove tecnologie richieste in pochi decenni. Questo briefing cerca di mettere insieme queste realtà, per consentire ai responsabili politici di comprendere le future implicazioni in termini di risorse delle politiche odierne e delle decisioni di ricerca e sviluppo e per sostenere il dialogo internazionale su questa transizione tecnologica globale».

Per la valutazione del ciclo di vita delle opzioni dei carburanti, il rapporto ha preso in considerazione i loro impatti ambientali, comprese le emissioni di gas serra diversi dalla CO2, derivanti dalla produzione di carburante alla pompa o dalla produzione di carburante allo scarico (le scie) ma fa notare che «Tuttavia, la contabilizzazione delle emissioni e degli impatti ambientali dipende in parte dalle ipotesi formulate e dalla disponibilità di dati sul loro utilizzo e produzione. Nonostante i crescenti investimenti in ammoniaca e combustibili a idrogeno, i dati sulle emissioni di dominio pubblico sono limitati, in parte a causa dell’immaturità di queste tecnologie, quindi queste proiezioni dovranno essere continuamente aggiornate man mano che si sviluppano sia i dati dei motori in laboratorio che i test del mondo reale. La ricerca sarà importante anche per comprendere l’impatto delle emissioni non di CO2 dei motori a reazione e la formazione di scie di condensazione, che attualmente contribuiscono in modo significativo al riscaldamento dovuto all’aviazione a livello globale. I carburanti alternativi possono ridurre questi effetti, ma ci sono notevoli incertezze al riguardo. Considerazioni più ampie, compreso lo sviluppo di nuove cellule per consentire lo stoccaggio di idrogeno o ammoniaca, l’infrastruttura di rifornimento e protocolli di rifornimento e stoccaggio sicuri dovrebbero essere esaminate e adottate a livello globale».

Marcelle McManus, direttrice dell’Institute for Sustainability dell’niversità di Bath e del gruppo di lavoro del rapporto, conclude: «Il modo in cui vengono prodotte le alternative ai combustibili fossili è fondamentale, così come il modo in cui misuriamo la loro sostenibilità durante l’intero ciclo del loro utilizzo. C’è bisogno di coerenza e dobbiamo applicarla a livello globale, perché l’adozione di una qualsiasi di queste nuove tecnologie creerà richieste e pressioni su terra, energia rinnovabile o altri prodotti che potrebbero avere effetti ambientali o economici».

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Written by redazione

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