
Si tratta di rifiuti tossici e radioattivi, soprattutto condensatori e reattori per l’illuminazione, che contengono alte concentrazioni di policlorobifenili (PCB) dannosi per l’uomo. La produzione di PCB è stata vietata in Giappone nel 1972 dopo un’intossicazione alimentare di massa verificatasi nel 1968 causata da cibo contaminato con PCB. Anche la Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti vieta la produzione di PCB.
Prima del disastro nucleare di Fukushima del 2011, i rifiuti cancerogeni venivano smaltiti senza tanti problemi nelle regioni circostanti la centrale nucleare. Infatti, l’attuale carico di scorie nucleari era già destinato a un impianto della città portuale di Muroran, sulla costa meridionale di Hokkaido, ma il trasferimento era stato bloccato dopo il disastro nucleare. Ora, ad oltre un decennio dalla crisi nucleare di Fukushima Daiichi, Muroran non vuole più rifiuti tossici che il ministero dell’ambiente ha confermato essere radioattivi.
Un gruppo di cittadini ha protestato fuori dall’impianto che dovrebbe trattare i rifiuti e uno dei leader dei cittadini, Sachiko Okura, ha sottolineato che «Una volta accettate queste scorie, ci verranno imposte ancora e ancora».
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